La Cina deve investire la sue riserve valutarie (3.200 mld dollari) e il debito americano non le basta più. Dopo anni di acquisti di Treasury Bond, Pechino ha preso di mira l’Europa.
Ai governanti va bene così: messi in difficoltà dall’opinione pubblica e più interessati alle prossime elezioni che alle future generazioni, gli esecutivi del Vecchio Continente accolgono giulivi i denari che da Pechino arrivano copiosi, tralasciando il fatto che in questo modo stannosvendendo l’avvenire di quei Paesi che in teoria sarebbero chiamati a salvaguardare.
Il Portogallo è l’esempio più lampante di questa scarsa lungimiranza strategica dettata dallo stato di necessità. Lo scorso anno destò molto stupore la notizia che i cinesi stavano effettuando massicci investimenti in titoli pubblici di Lisbona.
In maggio il Portogallo è stato salvato dalla bancarotta attraverso un prestito di 78 miliardi di euro da parte dell’Unione europea e del Fondo Monetario Internazionale, in cambio di un programma di austerity che comprendeva tagli alla spesa pubblica e privatizzazioni di asset statali. La Cina non ha perso tempo e, forte della crescente quota di debito (e di sovranità) portoghese in suo possesso, si è fiondata sul banchetto di privatizzazioni. Nonostante ciò, tra banche in rosso e spread alle stelle, Lisbona è ormai ad un passo del baratro, e per salvarsi cerca di fare cassa svendendo le proprie aziende di servizi.
Giovedì scorso la China State Grid è diventata socio di riferimento della rete elettrica portoghese, dopo che il governo le ha ceduto una quota del 40% per 592 milioni di euro, circa 150 milioni in più rispetto al prezzo di mercato.
L’operazione fa il paio con un’altra, nel mese di dicembre, nella quale Lisbona ha venduto il 21,35% di Energias de Portugal (EDP) alla Three Gorges Corp. per 2,7 miliardi di euro (50% di più del prezzo di mercato).
E si tratta solo delle prime mosse di un più vasto piano di sostegno dell’economia lusitana, che potrebbe portare altri 8 miliardi di ulteriori investimenti.
I titoli europei nelle casseforti cinesi sono in continua crescita e c’è chi scommette che a breve saranno maggiori di quelli americani. Al momento deterrebbe un complessivo 10% del debito pubblico di tutta l’eurozona.
Ma il debito è solo un tramite verso altri più ambiziosi obiettivi. Pechino usa le proprie riserve come arma per andare alla conquista del mondo.
Uno di questi obiettivi è riuscire a pagare il petrolio in renminbi, soffiando al dollaro il suo posto di valuta internazionale di riferimento e affrancandosi così dagli Stati Uniti.Un altro riguarda direttamente l’Europa.
La Cina punta da tempo a inserirsi nelle aste per la vendita di infrastrutture e aziende decotte nel Vecchio Continente. In principio fu il porto del Pireo, preso in gestione per 36 anni dietro il pagamento di 3,5 miliardi di euro, ma la cerchia di obiettivi strategici si allarga sempre di più. Pechino sta incoraggiando le imprese statali a cercare opportunità all’estero e l’Europa, piegata dalla crisi, è una destinazione promettente.
Inoltre la Banca centrale ha modificato lo schema per l’impiego della sua montagna di riserva in valuta. Non più acquisti di debiti sovrani ma, complice la necessità dei governi di fare cassa, acquisizioni di asset nazionali strategici e in particolare public utilities. Investimenti poco rischiosi che garantiscono flussi reddituali costanti.
Un caso su tutti: il recente acquisto dell’8,68% di Thames Water, l’azienda che fornisce l’acqua potabile a Londra.
In conclusione, Pechino è interessata alle nostre aziende e alla nostra energia, non al nostro debito. Benché la Cina, dipendente com’è dalle esportazioni all’estero, abbia tutto l’interesse a che l’economia europea si riprenda, come ribadito dal premier Wen Jiabao nel recente incontro con Angela Merkel, finora essa è stata la vera beneficiaria della crisi che imperversa dalle nostre latitudini.
Quando la tempesta sarà passta l’Europa sarà comunque un po’ più povera, poiché nel frattempo avrà svenduto l’argenteria al suo famelico benefattore. Fonte :http://geopoliticamente.wordpress.com