Il secondo film è sempre il più difficile nella carriera di un regista
Creato il 21 ottobre 2012 da Saramarmifero
Era tra i film più attesi della stagione. Si è rivelato una grande delusione. Forse è vero anche per il cinema, quel che canta Caparezza a proposito dei secondi album musicali? Una cosa è certa. A distanza di 6 anni dall'opera prima della coppia Johnathan Dayton e Valerie Faris, l'acclamato e pluripremiato Little miss sunshine che allora consolidava il marchio Sundance come garanzia di qualità e originalità (una garanzia che oggi vacilla sotto il peso della ripetizione), questo Ruby Sparksinciampa in un genere - la commedia - che a suo tempo aveva consacrato i due registi nonchè l'attuale protagonista, Paul Dano. Adolescente nichilista rinchiuso in un mutismo volontario in Little miss sunshine, l'attore statunitense dal trampolino del 2006 si era visto catapultato in una serie di titoli di prim'ordine, tra cui spicca il capolavoro di P. T. Anderson, Il petroliere. Esaurito il gioco delle identità (autrice della sceneggiatura è Zoe Kazan, nipote del regista cult Elia nonché compagna nella vita dello stesso Dano, cui avrebbe sottoposto lo script in primis), duole ammettere che di Ruby Sparks resta un po' pochino. Una rassegna mal dosata di quanto il decennio precedente ha reso decisamente cool: una trama alla Charlie Kaufman, con l'abusatissimo incipit dello scrittore prodigio (Calvin-Dano) che ha prosciugato l'ispirazione, poi d'improvviso, complice un sogno, finisce per partorire sulla pagina la ragazza dei suoi sogni che, voilà, un bel momento come per magia, da che era fatta di carta e inchiostro, si fa carne e ossa e si installa nel suo appartamento, rivoluzionandogli la vita. Personalmente, trovo che l'immagine del poeta in crisi davanti ad un foglio bianco abbia prodotto, sullo schermo, non poche banalità, se si eccettuano alcuni casi eccellenti come il Jack Torrence di Shining.
Dunque, siamo alle prese né più né meno con l'ennesima variazione sul tema di ovidiana memoria del Pigmalione. Il prodigio dell'opera che prende vita e dell'artista che se ne innamora, metafora dell'incapacità umana, e in particolare dell'uomo scrittore, di uscire dal guscio protettivo fatto di belle parole e illusioni romantiche che lo separa dalla realtà. Aggiungiamoci pure la francofilia a palate che ammorba tre quarti della cinematografia indie americana, qui tradotta nella pur ottima colonna sonora di Sylvie Vartan e nell'espediente di Ruby che, responsabili le volontà dattiloscritte del suo creatore/amato, si scopre perfettamente in grado di padroneggiare la lingua di Voltaire. Se non usata con estrema cautela (come recentemente ha invece fatto Wes Anderson nella straordinaria sequenza sulla spiaggia di Moonrise Kingdom), la fascinazione per la cultura francese rischia di trasformarsi in un altezzoso capriccio da intellettualoidi. Lo scheletro drammaturgico avrebbe consentito una miniera di situazioni comicamente surreali, tuttavia la coppia Dayton-Faris non è riuscita a far spiccare il volo ad una commedia che resta rigidamente incasellata in situazioni ripetitive e prevedibili, in un incedere narrativo avaro di ritmo. Perché accontentarsi di tirar fuori una manciata di battute dalla trasformazione in vecchi hippies di Annette Bening e Antonio Banderas, due bravi interpreti della "Hollywood di mezza età", che certo con un altro copione tra le mani avrebbero potuto spingere ben più in là l'audacia del classico 'ti presento i miei', la cui contrapposizione genitori sopra le righe-figlio serio risultava molto più esilarante nel confronto Dustin Hoffman-Barbra Streisand-Ben Stiller del pur meno pretenzioso Meet the Fockers. Soltanto quando le buone maniere vengono smascherate, il racconto acquista lo spessore necessario a rendere credibili i due protagonisti. Un rapporto che si spacciava per amore si rivela per quello che è: il gioco di potere che lega Calvin e la sua bambola dei sogni Ruby, che all'occorrenza può intavolare una conversazione in francese, improvvisare uno striptease o abbaiare su quattro zampe. Ma, sinceramente, è una svolta che arriva dopo qualche sbadiglio di troppo.
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