29 gennaio 2015 Lascia un commento
Cambio d’autore ma la staffetta non si sente e il lavoro iniziato da Salvetti non subisce bruschi cambiamenti. Ancora una volta parliamo di una terza edizione rivista e corretta, meglio dire adeguata alla luce dei venti anni che separano le uscite, venti anni serviti ad inquadrare meglio le avanguardie soprattutto quelle dal dopoguerra in avanti e ridimensionare certi entusiasmi non sempre giustificati.
Lanza innanzitutto scopre le carte e nel definire il contesto storico e soprattutto politico, come non confrontarsi col nazismo e fascismo, si appoggia apertamente a Benjamin e Adorno per contestualizzare e giustificare la rapida evoluzione della tecnica musicale che non puo’ prescindere con la nascita dei nuovi media, da cinema e radio su tutti.
Si passa da una fruizione musicale fatta di teatri e salotti nobili, alla radio e di conseguenza i dischi, oppure attraverso un cinematografo forte nella capillarita’ della diffusione e del suo essere intrinsecamente popolare.
Ci si e’ trascinati percio’ verso una deriva popolare, cambiando profondamente l’essenza tecnica e artistica del fare musica. Cosi’ come Benjamin focalizzo’ le conseguenze dell’arte in genere attraverso le nuove dinamiche legate alla riproducibilita’, Adorno analizzo’ in chiave critica il passaggio della musica da forma d’arte a veicolo capitalistico e imperialistico attraverso la sottile ma fatale mutazione che ne ha decretato il successo non per volere popolare ma popolare perche’ commerciale, creando un’insanabile frattura tra intellettuali e massa sociale. Fruizione elitaria e borghese contro la proletaria, un grande equivoco che ancora oggi intrappola cio’ che e’ "complicato" nel dominio dei pochi. Adorno fu uno dei padri di questo equivoco e a tanti, lui per primo si deve il pasticcio per il quale ad un certo punto si e’ voluto infilare nel quotidiano dell’uomo della strada, tecniche complesse senza la necessaria educazione, per il solo motivo che era giusto e dovuto, senza altre spiegazioni e contesti.
Come ci si poteva aspettare, la trivialita’ morale scatta nel momento in cui tutto viene ammesso ed esaltato agli "ismi" tifati dall’autore e l’esatto opposto per gli altri. Ci siamo abituati ma parlando di divulgazione centrata sulla musica, e’ stupido e molto triste. Andiamo molto meglio con le avanguardie del dopoguerra dove Lanza riprende contatto con la propria intelligenza e ne fa un’ottima analisi.
Come nel volume precedente, in appendice una raccolta di scritti, estratti, relazioni di autori il cui pensiero ha in un modo o nell’altro caratterizzato la seconda parte del secolo. percio’ leggiamo con grande interesse Benjamin, Adorno, Schoenberg, Nono, Schaefer e non e’ poco.
Alla fine il testo e’ interessante, con piu’ onesta’ intellettuale persino ottimo.