Marcello Brizzi è nato ad Ardore (RC) nel ‘57.
La sua ricerca artistica si muove tra l’espressività astratta e cosiddetta “ Informale”, se si vuole chiamare con questo nome che è passato alla storia, da quando il critico francese Michel Tapiè teorizzava quella che denominò Art Autre, e che all’epoca, parliamo degli anni cinquanta del Novecento, stava nascendo, identificandosi principalmente negli artisti Fautrier e Dubuffet, i quali tanto hanno scarnificato e demistificato la figuratività classica, tanto hanno scardinato le certezze alle quali essa poteva restare ancorata, tanto hanno indemoniato la critica più conservatrice.
Tale parte della critica non ha voluto vedere le novità che si sono manifestate nell’arte in quegli anni e che infatti sono giunte per i percorsi che gli artisti e l’arte è solita fare, espandendosi nello spazio fino ad arrivare a contaminare di quell’impeto Informale anche l’Italia, che dell’Informale ha tutta la sua storia.
Marcello Brizzi artista nato in provincia di Reggio Calabria sul finire degli anni Cinquanta non poteva non respirare questo clima artistico del quale vediamo la contaminazione in ogni sua opera.
I lavori di questo artista ricordano proprio quella forza, quella “pulsività originaria” per usare un termine di Enrico Crispolti, tipica dell’espressività Informale che è caratterizzata da un “ momento espressivo liberatorio-testimoniale precedente l’opzione tra figurazione e non-figurazione”.
Quando gli artisti eliminano la realtà dal proprio processo creativo forse lo fanno perché ricercano quella realtà nella propria esperienza individuale interiore, che guarda la realtà attraverso un filtro, quello appunto dell’ interiorità. Ciò non vuol dire che Informale è un Caos Informe e senza un senso: un legame con la realtà c’è, perché le emozioni, che portano alla creatività, non nascono dal nulla, ma dalla vita, che è reale, ma con la pittura astratta e Informale l’artista fa di ogni emozione un segno, un gesto, una traccia, arrivando a cogliere la natura primordiale forse più vera del genere umano.
La pittura astratta è stata la figlia di un momento storico drammatico che nell’arte ha trovato il migliore riscontro nell’abbattimento dei dogmi e delle certezze e nello scardinamento di quella cultura artistica più conservatrice, vedendo nella materia del colore, la protagonista delle vicende interiori all’artista, e ancora oggi rimane sempre attuale.
La pittura di Marcello Brizzi, che sicuramente subisce l’influenza dei grandi maestri dell’informale italiano come per esempio il grande Emilio Vedova, si muove in questo campo. Le sue opere sono esplosioni di colore dalle quali emergono forme astratte, figure vagamente geometriche, evocazioni di una materia che è libera da ogni vincolo e risponde solo ad esigenze espressive. Nelle opere dove l’artista usa il colore acrilico la sperimentazione pittorica si fa leggera, manipolabile, e gli strati di colore sembrano veli leggeri che si sovrappongono in continuo intreccio di possibilità evocative, nelle tele ad olio la materia si fa più corposa ed impetuosa, più fitta e il contatto con la realtà non è rintracciabile. Il colore protagonista della pittura astratta e informale si fa protagonista unico e riempie la tela senza nessuna gerarchia di spazio trattandone ogni piccolo millimetro come un possibile spazio da divorare, lasciando le tracce del processo creativo, nei segni, frammenti di istanti che sono passati, percepibili da chi osserva l’opera e può avvicinarsi ad essa immaginando attraverso quei segni e quelle tracce, la magia e l’alchimia di un atto creativo.
Anna Di Matteo.
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