Londra: un anno e mezzo che mancavi.
Non ti mancavano i zero gradi ad Aprile, la neve orizzontale, i due rubinetti acqua fredda acqua calda, il senso di disgusto al terzo panino, il treno per l’aeroporto a 28 sterline.
Non ti mancavano un mucchio di cose, ora che ci pensi.
Sopratutto non ti mancava il vento gelido che ti stacca il naso mentre aspetti il maledetto autobus; ma proprio in quel momento capisci: non è che ti mancava, è peggio, molto peggio, è il motivo per cui negli ultimi dieci anni ti sei alzato pronto a metterci l’anima e, diavolo, come avevi potuto dimenticarlo.
E certo sarebbe facile adesso dirti cos’è questa benedetta cosa, troppo, troppo facile; così anziché dirlo direttamente ti dico in cosa lo hai visto.
Lo hai visto nella precisione della portinaia del seminario a cui sei stato, in quella del controllore sul treno, del barista, delle persone che aspettano l’autobus.
Una cosa così complicata da spiegare che forse non è quello, forse è solo difficile ammettere che tu, nella città più solitaria al mondo, non ti senti più solo, ma circondato da gente come te, che certo sarà più stronza e mangerà molto peggio, ma che crede in sé stessa, crede nelle regole, crede in quello che fa, e più in generale: crede.
Il contrario dei giochetti, delle furbate, delle minacce, dei raggiri, della disillusione; ma non è illusione, è realtà, è la cosa più vera e pratica che tu abbia mai conosciuto.
Eccolo, eccolo cos’è che ti mancava, dovevi andare fino a Londra per ritrovarlo, ecco perché eri venuto qui, per ricordarti.
Due anni in Italia e ti eri già dimenticato che il mondo è fatto di uomini che aspettano l’autobus, di notte, al freddo; e nel loro egoismo, nella loro inettitudine, nella loro ignoranza, costruiscono il futuro del mondo.