Il segreto di Sanremo

Creato il 01 dicembre 2014 da Blackcat80
Ci sono luoghi che, anche se non appartengono a te direttamente, senti lo stesso connessi al cuore mediante una catena emotiva di qualche sorta, con pochissimi anelli - un po' come se appartenessero ad una persona a cui tieni, un po' come se fossero dei parenti acquisiti.
Sanremo è la parente acquisita della mia infanzia, trascorsa in vacanza nella vicina Arma di Taggia, con le sue spiagge corte dove andavo a caccia di vetrini colorati levigati dalle onde, perché di conchiglie non ce n'erano.
Non so quale magia ci sia negli occhi dei bambini - se è solo perché vedono il mondo per la prima volta, o se fra le ciglia hanno qualche filtro fatto di purezza e meraviglia, che riesce a rendere ogni cosa più levigata, con le tinte più vivide ed intense.
Nei miei ricordi, Arma di Taggia è un reame marino incantato. E Sanremo è la sua cugina ricca.
Ma questo filtro che c'è negli occhi dei bambini è fatto di un materiale preziosissimo e deteriorabile: si corrompe in fretta, polverizzandosi con il passare degli anni, con l'avvento dell'età adulta.

E oggi Sanremo, la mia ricca cugina acquisita, ha l'aria malinconica e trascurata di una contessa decaduta.
Non so perché sia decaduta: non ha venduto nessuno dei suoi averi, ma li lascia ricoprire di uno spesso strato di polvere, incurante delle crepe che il tempo apre, indifferente a chi passa e li calpesta, lasciando cadere mozziconi di sigaretta e gomme da masticare.

E' come se avesse un peso oscuro che la rendesse indifferente al suo stesso avvenire, come se si fosse lasciata andare, senza più voglia di distinguere i colori delle sue giornate, senza più desiderio di truccarsi o di comprarsi nuovi abiti e gioielli.
Le sue giacche sono firmate, ma sono vecchie di decenni ed hanno i buchi sulle maniche, hanno i polsini lisi.
Non se ne cura. Sospira, pallida ed assorta, e si siede, sul suo lungomare che ha solo più palme spennacchiate e nessun fiore, a contemplare il mare - ma senza vederlo.


Appare tutto piuttosto diverso, rispetto ai miei ricordi traslucidi degli anni '80: è come se la Sanremo che ricordavo nel frattempo fosse stata chiusa dentro un baule e dimenticata in soffitta - e ora sia come un bel carillon che non suona più, con la vernice scrostata e l'odore salmastro di muffa.

Ma io ho sempre saputo che Sanremo aveva qualcosa di più.
Che dava feste perché così si confà ad una nobildonna del suo rango, ma, come Gatsby, ha sempre nascosto qualcosa di più misterioso e profondo, sotto la sua brillante patina mondana.

E, del resto, il Teatro Ariston non è che un piccolo cinema di provincia, con l'aria di un reperto di modernariato, nascosto in fondo ad un vicolo, spremuto fra due condomini.

Sanremo ha una parte antica e nascosta, un dedalo contorto di segreti che sembra una soffitta abbandonata.

E, se prima questa sua old town stretta e in salita faceva da interessante contrasto con le ostentazioni fastose del suo lungomare altoborghese, un po' come il passato torbido di una compassata nobildonna, oggi il legame fra queste due anime della città ligure si fa più fluido, come un chiaroscuro sfumato, come la risposta ad una domanda.

Le verità si cercano nelle cantine e nelle soffitte, non nei salotti.

E la verità di Sanremo si raggiunge in salita, passando attraverso antri bui ed inerpicandosi con passo deciso per vicoli stretti, abbracciati da case altissime, con le facciate segnate dalle loro storie di graffiti, di grondaie ingobbite, di colori vivaci ma sbiaditi.


Sono un piccolo mondo a sé, con la gente che si guarda dalle finestre e a volte ti saluta anche se non ti conosce, come si fa lungo i sentieri di montagna - altre volte ti guarda con sospetto, come se fossi entrato senza chiedere permesso.


Le salite sono fatica, ma si intraprendono sempre di buona lena, mossi dalla palpitante aspettativa di quello che si troverà in cima.

Ma la cima di Sanremo Vecchia è un giardino trascurato, dedicato ad una regina che in realtà preferiva andare in villeggiatura a Bordighera, con aiuole brulle, panchine sporche di foglie secche ed un cane randagio che fruga nei cestini della spazzatura.

Un lampione si affaccia verso il mare, sbirciandolo da dietro una siepe - ma il suo orizzonte azzurro sembra lontano e sfocato, e si vede solo la folla di case.

No, la salita di Sanremo contiene il suo significato, la sua destinazione in sé stessa, non nell'arrivo in cima.


Il suo significato è lì, fra quei vicoli stretti, segnati dal tempo, con il loro silenzio parlante, le loro ombre squarciate da raggi di luce, faticosi, e forse belli, come un segreto.


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