Roma, 7 aprile 2015 - Donne, di età compresa tra i 18 e i 35 anni e a disagio con il proprio naso e le prime rughe. È questo l'identikit del "paziente da selfie" che emerge dal sondaggio realizzato dalla SICPRE, Società italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, la società scientifica che raccoglie l'80% degli specialisti nel nostro Paese.
In base al questionario pubblicato sul sito della Società, www.sicpre.it, e compilato dai soci nelle scorse settimane, i pazienti che si rivolgono al chirurgo plastico in seguito all'insoddisfazione causata dai propri selfie sono per l'83% donne e per il 17% uomini.
E sono soprattutto giovani. Infatti, la fascia d'età maggiormente rappresentata (39% di richieste) è quella 18-25 anni, seguita (28% di richieste) da quella 26-35 e (ancora 28% di richieste) da quella 36-45.
Le correzioni più desiderate sono innanzitutto le infiltrazioni di filler (58% di richieste), la rinoplastica (53%) e il trattamento con tossina botulinica (44%). Seguono l'intervento di aumento del seno (33%), di correzione delle palpebre (28%), la lipoaspirazione (17%) e per finire il minilifting (3%).
"L'imput per dedicarci a questo tema ci è venuto da uno studio dell'American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery, AAFPRS - dice Fabrizio Malan, presidente della SICPRE - che evidenziava l'aumento di richieste di interventi di chirurgia estetica da parte di pazienti insoddisfatti dalla propria immagine postata sui social network. Siamo partiti da questo per capire se anche in Italia c'è una tendenza analoga e quali sono le caratteristiche di questi pazienti".
PAZIENTE DA SELFIE? REALTÀ VIRTUALE INNANZITUTTOChi si rivolge a un chirurgo plastico per un ritocco estetico è insoddisfatto di qualche sua caratteristica fisica, ovvio. A questo elemento sempre presente, il "paziente da selfie" aggiunge però un elemento tutto suo, una percezione di sé più virtuale che reale.
"Il colloquio con questi pazienti parte spesso dall'analisi di un autoscatto - dice ancora Malan -, cioè da un elemento virtuale. Non il naso in carne e ossa, ma il naso come viene nella foto. Il problema però è che quel 'difetto' non è esattamente come appare nel selfie, che come è noto non riproduce la realtà in modo totalmente oggettivo. Il primo passo è pertanto quello di distinguere tra riproduzione della realtà e realtà stessa, scoprendo i reali motivi di disagio. Una volta di più, è fondamentale intavolare col paziente un discorso all'insegna dei desideri ma soprattutto della realtà e di ciò che è realmente realizzabile".
In base alle risposte dei soci SICPRE, il 78% dei pazienti che si rivolge al chirurgo plastico per un'insoddisfazione da selfie non ha un'immagine corporea equilibrata e obiettiva.
MODELLI ESTETICI ADDIO, AL CENTRO CI SONO IOMa l'elemento veramente rivoluzionario del paziente da selfie è l'apparente assenza dei tradizionali modelli estetici esterni.
"Per molti anni abbiamo incontrato pazienti che mostravano foto di attrici e modelle. Oggi si afferma la tendenza a partire da sé, per migliorarsi senza assomigliare a nessuno". Ed è una tendenza che l'84% dei rispondenti SICPRE ha giudicato in modo positivo, perché rivelatrice di un atteggiamento "più realistico".
È costante, invece, la tendenza a presentarsi dallo specialista già con la "soluzione" pronta. "Non si va dal dentista chiedendo un'otturazione, non si va dall'oculista chiedendo un laser alla retina. Eppure si va da un chirurgo plastico chiedendo un intervento al mento o un'infiltrazione di filler - fa notare Malan -. È un'aberrazione, ovviamente, perché mette il paziente e lo specialista in posizioni sbagliate, come se il primo facesse ordinazioni à la carte e il secondo fosse un semplice esecutore. In realtà bisogna ricordare che il chirurgo plastico è innanzitutto un medico. Deve ascoltare e capire il disagio, quindi proporre la soluzione, senza accettare nessuna forma di impoverimento professionale".
SELFIE, APPUNTAMENTO A BREVEDopo questo primo sondaggio "di ricognizione" la SICPRE si impegnerà nuovamente e a breve sul tema selfie, indagando anche l'aspetto numerico di questo nuovo target sul totale dei pazienti.
Nella "fase due", impostata sulla scorta delle prime informazioni ricavate e con maggiore valenza statistica, verranno coinvolti anche psicologi e sociologi, per un'indagine a 360° del fenomeno.