Magazine Diario personale
Sono ancora a Livorno, in un ufficetto elegante dell'hotel dove ho alloggiato, il Gran Duca.
In attesa di rientrare a Torino. Ringrazio a tal proposito Stilema per l'ospitalità: un ufficio stampa così "visionario, idealista, talvolta surreale", come recita il suo "chi siamo" sul sito, da aver scommesso sulla presenza dei blogger al festival.
Le mie giornate al Senso del ridicolo sono state fitte di eventi, rimando a twitter, facebook e instagram per vedere le mie cronache fotografiche e brevi racconti degli incontri.
Come è stato questo evento? Beh, gli eventi sono eventi. Personalmente, devo molto agli eventi letterari perché in questi anni mi hanno permesso di imparare molte cose, conoscere meglio le persone (questo processo però non finisce mai) e vedere alcune belle città italiane. E quel che ora so è che tutti, proprio tutti gli eventi si connotano per ritmi serrati, città da esplorare, incontri, retroscena, stanchezza, fretta, improvvise esplosioni di gioia, perdita della sensibilità dei piedi, vinelli, straniamento e last but not least: ricchezza.
Mi concentrerei sulla ricchezza. Perché ciò che differenzia un festival culturale dall'altro naturalmente sono i temi, le persone chiamate a partecipare, ma soprattutto a fare la differenza è la ricchezza che riesci ad accumulare tu che saltimbanchi tra un appuntamento e l'altro, i beni di lusso interiori che ci riesci a distillare.
Questa volta si parlava di comicità, umorismo, inciampi, sberleffi, derisioni, fastiti ridicoli, scene ridicole, rendersi ridicoli, satira e secondo me tutto questo ha a che fare proprio con la ricchezza.
Da Maurizio Bettini, a Francesco Cataluccio, da Gioele Dix a Enrico Mentana ad Alessandro Bergonzoni ad Annalena Benini e molti altri ospiti (con grande dispiacere questa sera mi perdo Maccio Capatonda, indimenticato autore di Intralci e mille altre cose), tutti si sono orientati fino a convergere su una certezza: chi sa ridere, in tutti gli ambiti - letteratura, politica, arte, web, religione, spettacolo, vita quotidiana - è una persona ricca. Dunque, lo dico per quelli della mia generazione di squattrinati, il ricco è colui che impara a ridere.
Tutti gli osptiti, a seconda della propria formazione, età, e sguardo sulle cose, hanno detto la loro sul comico, sulla risata. Spesso si è riso molto in sala. Trovo la risata qualcosa di rassicurante, dove si ride almeno un po', mi sento a casa. Forse perché la vita può fare paura a tutti in qualche momento. E ci si ritrova davvero umani e compresi non solo quando si condividono le sfortune, ma anche e soprattutto quando si ride insieme.
A me interessa questo tema, come raccontavo nel post precedente. Mi interessano i comici, non solo perché spesso, come si sa, sono persone malinconiche e introverse. Ma perché, a differenza di tutti i malinconici e introversi, hanno qualcosa di diverso da offrire grazie alla loro arte. Se lasciati in pace, ovvero fare il loro lavoro, si mettono lì, e ti fanno ridere. Ti strappano un sorriso (anche se poi bisogna vedere come sta una bocca cui è stato strappato un sorriso, come si è chiesto Bergonzoni durante il suo intervento-spettacolo Estenuanze). Qualcuno in questi giorni ha detto che la comicità è per forza autentica, perché non si piò simulare una risata. A meno di non essere attori, ma è sempre molto chiara la differenza tra una risata vera e una recitata, come uno starnuto, per intenterci.
Per questo ho capito una cosa in queste giornate. Il riso, la risata, è preziosa come l'oro. Una cosa rara, che permette di fare tante cose importanti per il benessere ed è bello accumularla e dividerla con le altre persone.
La reazione immediata è dunque ora, a caldo, di andare a leggere o rileggere autori comici, da Groucho Marx a Flaiano, passando da Campanile e Francesco Piccolo.
Questa era la prima edizione del Senso del ridicolo. Mi pare che sia andata molto bene, ogni incontro era gremito, con lunghe file di attesa. Una sola pecca, che vuole essere una proposta e un invito per il prossimo anno. Fino a oggi, non so negli eventi della giornata perché non li vedrà, non si è parlato di una parte della comicità contemporanea e internazionale importante, che è la stand up comedy. Per il prossimo anno sarebbe bello assistere a spettacoli di questo tipo. Gusto mio, ma credo che la stand up sia un po' il futuro della comicità, oltre che una bella fetta di presente. L'ho imparato a scuola qui.
Adesso torno a casa, molto più ricca di quando sono partita. Auguro lo stesso anche agli altri partecipanti al festival, ma anche a quelli che hanno la fortuna di sentire la bellezza e la riposante magia del ridere. E che Aristofane sia con noi!