Domani, sabato, nel Senso del taccuino sulla Regione: "Il morso malato della guerra". Qui di seguito il (solito) estratto:
La guerra dà alla testa.
A chi la subisce, a chi la combatte. Anche a chi la osserva da
lontano. Te ne accorgi, ma fai finta di niente. Inizia così: un
sottile filo d'acciaio si insinua nel cervello spacciandosi per
qualcosa d'altro: un fastidio, la nebbia lontana di un mal di testa
in avvicinamento, l'interferenza sullo schermo radar dell'esistenza
che ti ha sempre dato una mano nel tenere la rotta. Poi, esplode: il
filo si fa incandescente, l'acciaio si scioglie e inizia a scorrere.
E' troppo tardi per tirarsene fuori. La guerra ti ha preso: un morso
malato, preciso. Coi denti infetti. Il veleno agisce sulla memoria,
sulle categorie che fino a ieri (fino a un istante prima) ispiravano
azioni e decisioni. agisce sulla nostalgia, sulla fantasia, sulle
aspirazioni e sulle ambizioni. La guerra fa a pezzi il mondo nel
quale hai sempre vissuto: te ne prepara uno nuovo, il suo,
perfettamente sostitutivo e funzionante. Dentro questo mondo, gli
esseri umani ricominciano a vivere. Chi li osserva dall'esterno si
chiede come possano farlo. Possono: lo stanno facendo. E quindi ci
chiediamo, da fuori, come possano uccidere, tirare avanti, crederci
ancora che con la guerra si possa ottenere un risultato, perché non
si fermano tutti e basta?