Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "A due passi dalla tua vita". La storia che ho raccolto bevendo un caffè e fumando una (più di una) sigaretta lungo il fiume, a Londra.
Qui di seguito il (solito) estratto:
Osservo il fiume.
Si sta portando via i tetti dei grattacieli, le insegne delle banche.
Si sciolgono nella luce che accumula la sera. Guardo la ragazza che
mi racconta la sua vita nel centro di Londra.
Volevo lasciarmi alle spalle la
guerra. Volevo lui. Vederlo, dopo tanto tempo. Starmene sola, con
lui, parlare, ascoltarlo. Dirgli che avevo scelto lui e non quello
che restava della nostra rivoluzione. Che volevo finire gli studi.
All'aeroporto non c'era. A casa degli amici con cui mi aveva spiegato
che abitava non c'era. C'era la stanza in cui aveva vissuto, quella
che sarebbe toccata a me: “benvenuta fra di noi, tu devi essere La
Pazza”. “Sono io. Lui dov'è?” “Beh, lui non abita più qui
da un po' di tempo”. “Sarebbe?” “Si è sposato, non lo
sapevi?” “Sposato?” “Sì, con la professoressa d'inglese. Ha
trent'anni più di lui, ma lui non ha fatto una piega”. Non l'ho
fatta neanch'io, capisci? Niente, zero. Anzi: mi sono messa a ridere.
Davanti agli altri ragazzi. Poi, mi sono chiusa in camera, senza
fretta, e ho scritto. Mi sono scritta una lunga lettera. Con il
programma della mia nuova vita. Punto uno: ricordare sempre mio
fratello. Due: chiamare papà e mamma una volta al mese e dire che
gli studi di Medicina vanno bene. Tre: dimenticare lui e perdonare la
professoressa d'inglese. Quattro: evitare nuovi casini. Quinto:
ammettere di essere romantica, ma stare bene da sola. Sesto: fare il
punto della mia vita raccontandola a un perfetto sconosciuto, un
giorno.
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