Domani, nel Senso del taccuino, sulla Regione: "Due alla fermata del tram". Qui di seguito il (solito) estratto, con gli auguri di buone feste a tutti i lettori del Blog:
Aveva sparato il suo primo colpo a sedici anni. Il fucile, rinculando, aveva fatto meno storie della sua prima ragazza al primo bacio. Il proiettile aveva portato via mezza testa a un uomo di mezza età che vedeva ancora nel mirino. Gli erano bastati tre secondi per concludere che se non sparava lui, sparava l'altro. Non si sentiva né buono, né cattivo. Un po' fatto, questo sì, di qualcosa che gli avevano dato da succhiare, prima di andare in battaglia: prendilo che ti fa bene, diventi un uomo. Quando uccidi qualcuno scende il silenzio e tu hai l'impressione che il cervello se ne va per i fatti suoi, si fa un giro, là sopra, come un insetto metallico che vola lento e preciso, poi riscende e ti fa rapporto. Ti dice: è fatta. La prima volta è la più dura. Quelle che sono venute dopo non le ha mai contate. A sedici anni era troppo vecchio per essere considerato un bambino soldato, e troppo giovane per essere considerato un uomo. Un uomo vero. Quando gli era entrato, il proiettile aveva fatto slap. Una sberla, cosa vuoi che sia? Un minuto dopo, invece, lui chiedeva urlando di poterla fare finita, gli dessero una pistola, un'arma qualsiasi. Dicono che le ferite allo stomaco siano quasi tutte letali, sicuramente sono le più dolorose. Ne era uscito vivo. Il dolore gli rimbalzava ancora oggi nella testa, e cosa strana gli provocava una morsa implacabile lungo la nuca, una tenaglia rovente.
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