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Domani, sabato, nel Senso del taccuino sulla Regione: "Un duplex nel cuore di Beirut". Qui di seguito il solito estratto:Le è venuta la faccia da profuga. A furia di starci dentro, a questa vita. Anche messa così, le capita ancora di ridere, questo sicuro. E di pensare a Dio. Puoi stare tranquillo che ci pensa, ne ha di cose da dirgli, di domande da fargli. Ad esempio questa: perché a me, perché ai miei figli? Perché è toccata a noi, questa vita? Se già le mette paura chiederlo, la paura vera la prende quando l’assenza di una risposta diretta lascia il posto al sospetto che in realtà la risposta le sia stata data, rimbalzata chissà da dove: Perché non a te? Resta, allora, soltanto lo specchio incollato sulla porta, una sua idea per suggerire l’illusione che la stanza sia più grande di tre metri per due e fatto anche per guardarsi dentro. Dentro ci trova soltanto la sua faccia da profuga, né triste né allegra, lei la definisce un po’ spenta e come se qualcuno ci avesse passato sopra una mano di unto, impossibile toglierselo quello, nonstante si lavi, ogni mattina e ogni sera, con l’acqua scaldata dentro un secchio da muratore, avrà anche perso tutto, ma non lavarsi, questo mai. Si chiama Manal, 36 anni, divorziata. Fatica a credere che qualcuno le stia chiedendo di raccontare la sua vita.