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Domani nel Senso del taccuino sulla Regione: "In fila per un racconto". Qui di seguito il (solito, oh parentesi, un giorno vi avrò!) estratto:Primo piano: la vita. Bastasse quella. Per venirne fuori felici e contenti. Piano largo: due tizi con la faccia da assassini attraversano la strada nemmeno sulle strisce pedonali e nemmeno con il verde. Cioè: così come viene. E poi: se c'è da ammazzare, ammazziamo. Una macchina gialla con scritto sulle fiancate “Posta” avanza lentamente. Primo piano: dentro l'automobile, una testa inquieta esercita sul collo che la regge la stessa azione che un pallone aerostatico esercita sulla zavorra che lo tiene a terra. Un'azione di stiramento, o di allungamento. Di esausta tensione. Se i due tizi avessero tempo, si godrebbero la scena fino in fondo: probabilmente fino al punto in cui la testa si stacca e come per un terrificante miracolo (in realtà è una finzione) si mette a galleggiare a mezz'aria, con gli occhi che fanno su e giù. Soltanto che i due tizi non hanno né tempo né occhi per la testa del postino. E il postino non ha né tempo né occhi per i due tizi. I casini iniziano sempre così: per mancanza di tempo. Piano medio: una donna con addosso si direbbe cent'anni mette un piede e poi – pausa – mette l'altro e fra un piede messo e l'altro piede messo (tiriamola per le lunghe) c'è un tacche viene fuori da sotto il pastrano, una finta d'alluminio che spezza il prevedibile ritmo di quella che, comunemente ragionando e parlando, definiremmo una vitaccia. Il rumore metallico di una stampella.