Qualche giorno fa, in occasione del cosiddetto compleanno dell’Unità d’Italia facevo come al solito la pignola rammentando al colto e all’inclita che cosa fosse realmente accaduto il 17 marzo del 1861.
Però, alla luce dei proiettili traccianti e delle esplosioni che segnano cielo e terra di Libia in queste ore, devo riconoscere che la Repubblica italiana procede invitta tenendo alta la tradizione savoiarda che gettò le basi della prisca unità nazionale — tradizione intessuta di trattati disattesi, accordi violati, parole rimangiate ed equilibrismi oltranzisti che neanche il Cirque du Soleil.
Era in essere un trattato di amicizia fra Italia e Libia. Se l’Italia avesse avuto un governo e una politica estera, qualcuno si sarebbe premurato di andare a parlare con Gheddafi, per esempio. O si sarebbe offerto di mediare. O una volta rotte le uova si sarebbe dato da fare per limitare i danni, salvare il salvabile e magari volgere la situazione a proprio favore — non è cinismo, è Realpolitik. Suppongo che con Andreotti ministro degli esteri e/o Craxi premier sarebbe successo qualcosa di simile.
Ma uno sta male e l’altro è morto, quindi mettiamoci il cuore in pace e andiamo alla guerra — patetica armata Brancaleone incapace di badare a se stessa, perpetuamente a mano tesa per raccattare le briciole che cadono dalla mensa dei potenti (quelli autentici) e colpevolmente miope di fronte alle occasioni che la Storia e talvolta la fortuna offrono.
Eppure forse ha un senso, questa ennesima caduta di stile — che forse è l’unico vero italian style, a quanto pare, mica quello dei quattro stracci che sventoliamo sulle passerelle di mezzo mondo credendo di essere chissà chi.
E il senso potrebbe essere squisitamente pedagogico: richiamare alla mente del popolo italiano la sua natura di servo, a volte sciocco a volte criminale ma sempre autolesionista — non sia mai che ce lo dimentichiamo, e che a qualcuno ogni tanto venga l’idea di drizzare la schiena e alzare la testa.
Checché!, direbbe il Principe: sul ponte di questa portaerei americana nel Mediterraneo, i trattati sono sempre chiffons de papier, e onore è una parola di cinque lettere.