Il sentiero di rose

Titolo: Il sentiero di rose
Autore: Marcello G. Caputo
Editore: CIESSE Edizioni
Genere: Giallo
Pagine: 184
Prezzo: Euro 15,80

QUARTA: Roma. Il cadavere di una giovane donna viene ritrovato in un vicolo della periferia: è stata barbaramente torturata. L’assassino, prima di sbarazzarsi del corpo, l’ha lavata e profumata e infine adagiata sulla strada disegnando davanti a lei un sentiero di petali di rosa. Sul posto arriva il commissario Sergio Tancredi, per cui quel macabro modus operandi rappresenta un tragico ritorno al passato. Quattro anni prima, infatti, la sua unica figlia era stata uccisa da un serial killer soprannominato dalla stampa locale “Il Paparazzo” per l’abitudine di sistemare le vittime in pose da calendario. Nel frattempo, due ragazzi si incontrano e si innamorano, mentre un anziano psicologo dopo anni di eremitaggio sarà costretto ad affrontare i fantasmi del suo passato.

TRAMA: Il sentiero di rose è un giallo che narra la lotta del commissario Tancredi contro un serial killer, il Paparazzo, resosi protagonista di quattro delitti, uno dei quali riguardante la figlia del commissario stesso, avvenuti quattro anni prima il ritrovamento del cadavere con cui si apre il libro. Nel corso del libro si sviluppano le dinamiche che coinvolgeranno personaggi apparentemente secondari ma che in realtà saranno la chiave per svelare il mistero.

GIUDIZIO:
Devo suddividere il mio giudizio in due parti, una sullo stile dell’autore che ho trovato tutto sommato discreto anche se a tratti un po’ ingenuo, e l’altra sullo sviluppo della trama che risulta completamente insufficiente.
Nonostante l’autore sia in grado di suscitare curiosità e interesse, usando un linguaggio diretto e creando un buon intreccio, con una narrazione che usa flashback spostandosi come l’occhio di una telecamera sulle varie scene e sui vari personaggi, il risultato complessivo ci restituisce un libro decisamente acerbo, in cui rimangono troppi interrogativi aperti e soprattutto in cui l’assassino s’intuisce fin dalle prime pagine.
La trama è fragile e a tratti fortemente stereotipata, gli indizi disseminati nel testo non vengono concretizzati con risposte esaurienti, e pur essendoci gli elementi tipici del giallo questi non vengono sfruttati nella maniera giusta, anzi per meglio dire vengono praticamente dimenticati una volta trovato l’assassino.
Così il lettore leggendo la parola fine si chiede: e perché uccideva in quel modo? Cosa c’entrava uccidere quella donna piuttosto che un’altra? Perché ha fatto quella scelta e l’autore me l’ha sottolineata così tanto se poi non mi dice nulla?
Insomma, viene messa tanta carne al fuoco ma alla resa dei conti si rimane con l’amaro in bocca.
L’editing mi è sembrato assente. A parte le ripetizioni e le sbavature superflue che andavano tolte, ci sono delle pesanti incongruenze che un occhio attento non può fare a meno di notare, incongruenze che compromettono fortemente la riuscita del libro, sia nel tratteggio dei personaggi sia nello sviluppo stesso della storia, e che probabilmente sarebbero state evitabili con un lavoro di editing più accurato. Provo a portare alcuni esempi cercando di non dire troppo sulla trama; uno dei personaggi chiave è uno psicologo che dopo qualche capitolo diventa uno psichiatra, uno studente universitario che alla fine del libro nonostante siano trascorse solo due settimane, ha trentotto anni, il serial killer che vive in un tugurio di periferia ma porta le sue vittime in un normalissimo appartamento in un altro quartiere facendo dire all’autore che quella è casa sua, e molti altri.
Nel complesso, il mio giudizio non raggiunge la sufficienza; considerando che l’autore ha delle potenzialità da sfruttare, mi viene da pensare che probabilmente sarebbe stato meglio scegliere un altro genere, perché il giallo richiede una grande attenzione, un’originalità e una cura dei dettagli che in questo testo mancano completamente.

VOTO FINALE