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Il siero della vanità – un thriller all’amatriciana

Da Soloparolesparse

Alex Infascelli ha girato un ottimo film (Almost Blue) e qualche buona pellicola.
Il siero della vanità appartiene a questa seconda schiera, mancando completamente di quel tocco di novità e sorpresa che faceva di Almost Blue un titolo da ricordare.

Il siero della vanità – un thriller all’amatriciana

Luisa è un poliziotto che ha preso parte ad un’operazione fallimentare in cui hanno perso la vita un collega ed un ostaggio.
Dopo due anni porta ancora sul corpo e nella mente i segni di quell’avventura.
Si trova però invischiata in un nuovo caso, la sparizione contemporanea di una serie di personaggi famosi.
A tirarla di nuovo sulla barca è Franco, che quel giorno era con lei.

Luisa riesce a scoprire che tutti gli scomparsi avevano partecipato dieci anni prima ad una puntata del famoso show di Sonia Norton ed è in quella trasmissione che dovrà trovare la soluzione del giallo.
Il suo sarà un viaggio nello squallore della società dell’arrivismo e dello spettacolo a tutti i costi dal quale ne uscirà (ovviamente) vincitrice.

Per una volta Margherita Buy non è una signora complessata e piena di fobie ma una poliziotta… complessata e piena di fobie.
La vicenda porterà però ad un evoluzione del personaggio che alla fine ne esce come una specie di Bruce Willis (o Mel Gibson, se preferite) sporca, senza lodi e in lotta con i poteri forti e la società.

Francesca Neri è una conduttrice tv senza scrupoli (eccessivamente senza scrupoli) che per un momento sembra poter essere la tessitrice di tutta la trama.

Il siero della vanità – un thriller all’amatriciana

Il racconto di base di Niccolò Ammaniti è buono e funzionale ma il folle protagonista è davvero troppo folle e sembra voler scimmiottare malamente alcuni serial killer che hanno segnato la storia del thriller americano.
Il risultato è però un personaggio senza un reale background, senza un motivo scatenante che non sia la sua follia e il desiderio di riscattare un insuccesso televisivo.
La storia, che è comunque buona, ha però dei cali clamorosi, almeno nel modo in cui viene narrata.
L’inizio è troppo confuso. I personaggi vengono buttati in scena uno dopo l’altro col rischio di far confusione e ci vuole un po’ prima di riuscire a capire di cosa stiamo parlando.
Poi la vicenda si snoda bene  ed il thriller è costruito nella maniera classica.

Il finale però è talmente esagerato da risultare quasi comico ed assolutamente non verosimile.
L’idea di voler rappresentare l’estremo cinismo della tv e dello spettacolo a tutti costi viene malamente nascosta dalla situazione grottesca.

Anche il personaggio di Valerio Mastrandrea, che pure all’inizio sembra avere un suo ruolo salvifico, è in realtà negativo e vittima della voglia di fama a tutti i costi.
In pratica in tutta la vicenda non c’è un personaggio positivo che sia uno, escludendo forse il figlio di Luisa, che però rimane parecchio in disparte.

Dopo aver rovesciato male parole un pò su tutto vi dico però che Il siero della vanità è comunque godibile e che ha una colonna sonora decisamente buona… nonostante sia firmata da Morgan.
Come pure buone sono alcune soluzioni adottate da Infascelli e, come sempre, la scelta dei colori… che questa volta si abbinano ad una scenografia davvero buona, soprattutto per quanto riguarda lo squallore delle celle in cui sono reclusi i sequestrati.

Nota a margine: ora che sono abituato a RaiMovie mi risulta completamente impossibile pensare di vedere un film su una rete diversa che abbia della pubblicità ad interromperlo…


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