Potremmo mai un giorno diventare poveri? Abbiamo, noi occidentali, la più pallida idea di che cosa significhi “essere poveri”?Vuol dire non avere abbastanza da mangiare o non avere il telefonino? Non avere una casa o non possedere una seconda casa per le vacanze? Non avere di che coprirsi o essere costretti ad indossare i vestiti dell'anno prima? A turbare i nostri sonni, a rendere più ansioso il nostro futuro, è l'inquietudine del presente. Pur vivendo in una società fondata sui beni materiali non siamo riusciti a costruirci, in un secolo, uno straccio di “cultura materiale” che ci aiutasse a distinguere il necessario dal superfluo, l'utile dall'inutile. È per questo, del resto, che ci godiamo così poco l'allegro superfluo e l'insostituibile inutile: li confondiamo con il grigio necessario.
La concezione di ricchezza è relativa: ci sono persone che hanno dieci milioni, ma ne vorrebbero altri cento e altri ancora. C'è chi non dorme di notte perchè non riesce a comprarsi a rate l'ultimo Suv supeaccessoriato e molto adatto ai deserti. Esempi ce ne sono a migliaia. Quelli sono ricchi o poveri?
Se abbiamo della povertà un'idea così confusa, è perchè abbiamo frequentato malissimo la ricchezza...