Essere titolare ha i suoi privilegi: succede con le più note carte di credito, con l’American Express e con Mastercard che oltretutto regala momenti impagabili, soprattutto per gli interessi praticati. Purtroppo non sembra che la stessa cosa accada con la carta Costituzionale, divenuta ormai il mezzo prediletto per pagare in euro: il Residente del Quirinale si è lamentato che le sue prerogative non siano state rispettate, anche se forse è solo che si è dimenticato il pin.
Dopo lo scoppio della grana delle intercettazioni con il sospetto che il Colle possa aver fatto pressioni per evitare che Mancino chiarisse alcune vicende della trattativa stato mafia, si sono levate migliaia di voci che invitavano il Residente a non chiudersi nelle proprie prerogative, presunte o immaginate, anzi a diffondere l’audio delle proprie telefonate per dimostrare che si trattava proprio di quel nulla che vibrantemente asseriva. In un momento inquieto e drammatico avrebbe fatto bene al Paese, lo avrebbe rincuorato.
Invece il Residente ha scelto la strada diametralmente opposta, vale a dire quella di tenere tutto nascosto e di aprire un contenzioso per difendere i privilegi del segreto. Così abbiamo un burocratico comunicato con il quale l’uomo del Colle ci mette a parte delle sue decisioni: “Il Residente della Repubblica Giorgio Napolitano ha affidato all’Avvocato Generale dello Stato l’incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Rresidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione. Alla determinazione di sollevare il conflitto, il Presidente Napolitano è pervenuto ritenendo “dovere del Residente della Repubblica”, secondo l’insegnamento di Luigi Einaudi, “evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce”
Ora è molto dubbio che la Costituzione attribuisca certi privilegi al Presidente e figuriamoci poi al Residente che probabilmente si è sbagliato con il tanto amato statuto Albertino, quindi non c’è alcun vulnus da trasmettere al successore secondo il peloso altruismo istituzionale con il quale ci si prende gioco dell’intelligenza dei cittadini. C’è invece, ben evidente, una coda di paglia che più viene agitata e più appare come tale. ‘Na cora ‘e paglia tanta” per usare un linguaggio immediamente comprensibile al Residente.
Almeno questa è l’impressione. Magari non sarà così, ma uno statista si vede da come sa interpretare il momento storico e le attese dei cittadini, dalla consapevolezza dalle risposte che è necessario dare, dei privilegi che si possono esercitare e delle pompose scappatoie che è necessario evitare. In questo momento, in quest’anno horribilis, in questa caduta vertiginosa della politica, l’unico privilegio che ci si aspetta non è la difesa di un ambiguo segreto, ma della verità. Ed ecco perché la mossa del Residente è un clamoroso errore: per alcuni la prova che c’è un verminaio di pressioni e contatti da nascondere a tutti i costi, per altri l’evidenza che l’improvvida difesa di supposti privilegi sia tipica di un travet della politica, per altri ancora entrambe le cose. Tanto più che con questo gesto si dà un segnale di via libera alla ghigliottina per le intercettazioni in generale. In ogni caso qualcosa che il Paese non merita. E qualcuno che non merita il Paese.
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