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Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien A cura di Quirino Principe Traduzione di Vicky Alliata di Villafranca Introduzione di Elémire Zolla Rusconi (Narrativa Rusconi), Milano 1° edizione 4° ristampa 1974, pp. 1366 Illustrazione della sovraccoperta di Piero Crida e Mario Monge
Note di copertina Il Signore degli Anelli è un romanzo d'eccezione, al di fuori del tempo: chiarissimo ed enigmatico, semplice e sublime. Esso dona alla felicità del lettore ciò che la narrativa del nostro secolo sembrava incapace di offrire: avventure in luoghi remoti e terribili, episodi d'inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano solo al nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri; e tutto questo in un mondo immaginario ma ricostruito con cura meticolosa, e in effetti assolutamente verosimile, perché dietro i suoi simboli si nasconde una realtà che dura oltre e malgrado la storia: la lotta, senza tregua, fra il bene e il male. Leggenda e fiaba, tragedia e poema cavalleresco, il romanzo di Tolkien è in realtà un'allegoria della condizione umana che ripropone in chiave moderna i miti antichi.
Il Signore degli Anelli ha ottenuto in pochi anni un successo straordinario: tradotto in diciotto lingue, dal polacco al giapponese, è diventato un livre de chevet fra i giovani di tutto il mondo, soprattutto fra coloro che sono insoddisfatti dalla società dei bisogni artificiali e della nevrosi collettiva, e si sentono attratti da quella imperturbabilità di adolescenti saggi che rende tanto amabili i protagonisti del romanzo, da quella esilarante canzonatura della burocrazia arcigna e pedante che troviamo negli ultimi capitoli. Questo romanzo infatti nasconde fra le sue pieghe un giudizio ironico e severo nei confronti di un mondo, il nostro, che rivela sempre più chiaramente il suo carattere demonico.
L'autore, John Ronald Reuel Tolkien, nato nel 1892, massimo studioso vivente di letteratura inglese medievale e anglosassone, stranamente simile a certi suoi personaggi prediletti, ha composto la trilogia nell'arco di quattordici anni, nel periodo in cui era professore ad Oxford. Il romanzo è venuto crescendo tra le dita allo studioso innamorato dei suoi studi severi, delle sue rune, delle sue leggende, di cui si sentono qui le molte suggestioni e risonanze: lo splendore azzurro e dorato dei paesaggi, l'orrore «celtico» di certe creature, il suono bronzeo o argenteo dei n omi di persone e di luoghi.
Come scrive Elémire Zolla nella sua Introduzione, «Tolkien riparla, in una lingua che ha la semplicità dell'anglosassone o del medioinglese, di paesaggi che pare di avere già amato leggendo Beowulf o Sir Gawain o La Mort Arthur, di creature campate tra il mondo sublunare e il terzo cielo, di archetipi divenuti figure». C.S. Lewis ha scritto a sua volta: «non è immaginario il mondo che Tolkien ha proiettato, così molteplice, vero e completo nella sua intima coerenza. Nessun altro mondo è così palesemente oggettivo, purificato da ogni psicologismo individuale legato all'autore»; e Richard Hughes: «Per l'ampiezza dell'immaginazione [il romanzo] umilia ogni termine di confronto; la sua vivacità, la sua felicità narrativa trascinano il lettore da una pagina all'altra». E Auden infine: «È un libro di incredibile felicità».
Per il lettore italiano la pubblicazione del Signore degli Anelli è un'occasione importante per riacquistare il gusto del romanzo, inteso non come una gratuita successione di avvenimenti o come una gelida operazione sul linguaggio, ma come una narrazione che sia allusione a verità permanenti, uno stimolo a riflettere sul mistero della vita e della morte. Un classico, insomma, fiorito inaspettatamente in una società che pare in preda alle forze tenebrose descritte da Tolkien.
In questa foto le tre edizioni presenti nella mia collezione, rispettivamente la 1° edizione 2° ristampa 1971; 1° edizione 3° ristampa 1971 e 1° edizione 4° ristampa 1974.
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