La copertina dell'ebook di Il signore del Caos
Con Il signore del Caos, sesto romanzo della Ruota del Tempo, ho iniziato a recensire le opere di Robert Jordan. Per la verità avevo letto il romanzo alcuni mesi prima, quando ancora non collaboravo con FantasyMagazine. Poi, una volta entrata in redazione e conoscendo la mia passione per queste opera, mi è stata chiesta la recensione. Si tratta della mia terza recensione per FM, quindi ero molto titubante, ancora dovevo maturare molto nella mia scrittura. Quello che non è mai cambiato, nel corso degli anni, è stato il mio divertimento nel leggere i libri. E una delle difficoltà sta proprio in questo divertimento: da fan posso dire che tutto è meraviglioso, e dare sistematicamente 5 stelle ai volumi su anobii, ma da giornalista devo essere obiettiva, e analizzare serenamente il romanzo. Per questo a volte i voti che assegno da un lato non corrispondono con quelli che assegno dall’altro.
Qui invece non do voti. Non devo per forza riempire un campo prefissato, e quindi spero che le mie parole siano sufficienti a far capire cosa penso del libro. Se le parole non sono sufficienti, le stelle da sole valgono comunque ben poco.
Prima della recensione posto il commento di Brandon Sanderson relativo al romanzo.
Con Il Signore del Caos Brandon torna a riflettere sulla struttura della saga, con qualche riflessione lievemente diversa rispetto a quanto aveva scritto prima.
La sua tendenza, dice, è probabilmente quella di vedere strutture anche dove non ve ne sono, ma, mentre i primi tre libri erano centrati ognuno su un grande evento — come la cerca del Corno o la caduta della Pietra — i tre successivi cambiano la direzione della serie, spingendola verso una trama molto più complicata.
Ognuno di questi libri centrali sembra contenere un numero molto più ampio di sottotrame, obiettivi e motivazioni personali.
I romanzi dal quarto al sesto sono legati fra loro in maniera molto più stretta rispetto ai primi tre, quasi come se fossero un unico, immenso, volume, con linee sfumate che li separano l’uno dall’altro.
Sanderson non è in grado di dire se questa fosse l’intenzione originaria di Jordan o se la storia abbia semplicemente preso questa direzione, lui si limita a segnalare ciò che percepisce.
Comunque questa svolta, pur senza diminuire minimamente il piacere di rileggere i primi romanzi, rende l’intera saga molto più affascinante.
Una serie di queste dimensioni non sarebbe potuta esistere narrando le vicende di solo uno o due personaggi. Nelle serie in cui questo avviene la caratterizzazione è — a suo giudizio — piatta. Ci si può concentrare solo per un determinato periodo di tempo su un unico personaggio senza diventare ripetitivi o senza cadere nel ridicolo.
Espandendo la storia oltre ciò che in un primo momento poteva sembrare un semplice viaggio dell’eroe, Jordan ha creato qualcosa di infinitamente più affascinante.
Tuttavia, cambiando la direzione alla serie ha anche corso un grosso rischio. Molti scrittori scelgono la strada più semplice e narrano la stessa storia più volte, cambiando semplicemente il nome ai personaggi.
Questo è confortevole per i lettori, ma non è significativo per la narrativa, e a suo giudizio non può portare alla grandezza.
Invece di compiere questa scelta Robert ha preferito espandere la trama inserendo dozzine di personaggi secondari e costruendo qualcosa che è molto più vasto e complesso rispetto a quanto sembrerebbe a un primo sguardo.
L’ascesa dell’Ombra, I fuochi del cielo e Il Signore del Caos sono strettamente legati fra loro, ma anche distinti l’uno dall’altro. La storia si muove, procede, cresce, e alla fine i personaggi sono molto diversi rispetto a quelli che erano all’inizio.
Forse sono io che vedo allusioni dove in realtà non ce ne sono, ma mi viene subito in mente uno scrittore molto famoso che a mio giudizio narra sempre la stessa storia, e che oltretutto per alcune cose si è ispirato pesantemente a Jordan. E ora la mia recensione:
Dare un giudizio netto su Il signore del Caos è decisamente difficile: si tratta di un libro inutile o di un capolavoro? Libro inutile perché sostanzialmente la storia non procede. È vero, avvengono parecchie cose, e non potrebbe essere altrimenti in un libro di oltre mille pagine, ma di significativi passi avanti verso Tarmon Gai’ don non se ne vedono. Più che una successione di eventi e il loro sviluppo, è il Caos a dominare in questo libro.Già nel lunghissimo prologo l’autore ci aveva avvisati, con la voce stessa del Tenebroso: “Lasciate che il Signore del Caos governi.” Eliminati quindi sul nascere gli eventuali propositi dei Reietti di misurarsi con Rand abbondano al contrario gli intrighi di corte. Ma se si eccettuano montagne di parole questi complotti producono, per ora, pochi risultati concreti.
Il vecchio ordine sociale, retto fino a poco tempo fa da personaggi carismatici o istituzioni forti, non è più in grado di assicurare stabilità al Mondo. Morgase, almeno apparentemente, è fuori gioco, mentre le Aes Sedai sono frantumate in frazioni in lotta fra loro, e sembrano aver perso di vista le cose più importanti.
Rand viaggia continuamente fra Cairhien e Caemlyn, nel vano tentativo di controllare tutto. Smessi ormai definitivamente i panni del pastore che deve essere guidato da persone più sagge di lui, ora è un vero governante, ma i troppi problemi che è costretto ad affrontare rischiano di bloccare ogni tipo di azione.
In movimento ci sono non meno di una decina di eserciti variamente assortiti, ma saranno ben pochi quelli che riusciranno a ricoprire un ruolo superiore rispetto a quello di una comparsa.
Nynaeve continua a tirarsi la treccia per la frustrazione, anche se proprio lei avrà la soddisfazione di essere la protagonista di uno dei pochi, veri, colpi di scena del libro. Ma, c’è anche da aggiungere, la trama in cui l’ex-sapiente si muove rimane, almeno per ora, senza un vero finale.
Dall’altro lato, però, sta la grande abilità narrativa di Robert Jordan. Nulla è lasciato al caso, e anche i più piccoli dettagli contribuiscono a creare un articolato quadro d’insieme, o a delineare una diversa cultura.
I viaggi di Rand, per esempio, rendono evidenti le differenze culturali e sociali fra Andor e Cairhien, e anche la complessità degli Aiel, inizialmente presentati solo come abilissimi guerrieri, si mostra sempre più chiaramente.
Dettagli che nei volumi precedenti potevano apparire marginali trovano qui una loro spiegazione, e si inizia finalmente ad avere un quadro più preciso di quanto era avvenuto durante l’ultimo scontro con il Tenebroso.
I Reietti smettono di essere dei semplici avversari, potenti ma anonimi, e destinati a cadere inevitabilmente sotto i colpi di Rand, per divenire dei veri personaggi, con il loro carattere e la loro personalità. E si rivelano capaci anche di tramare intrighi per i loro esclusivi fini personali. Il Caos, quindi, dilaga tanto fra le forze della Luce quanto fra quelle delle Tenebre.
La storia di Egwene subisce una svolta improvvisa, tanto imprevedibile quanto importante. A ben vedere un consistente indizio era stato fornito già nel terzo romanzo, ma il modo in cui avviene il tutto lascia letteralmente senza parole. Ed è certamente il preludio di grandi cose per il futuro.
Ricompare Perrin, totalmente assente nel quinto volume. Malgrado il fatto che neanche qui lo si veda a lungo, il giovane fabbro riesce ugualmente ad essere il protagonista di uno dei momenti più divertenti del libro, e a non mancare l’appuntamento con quello più importante.
Per chiudere, il finale. Come al solito, in poche pagine Jordan raccoglie buona parte di ciò che aveva seminato in un volume dalla mole più che consistente. Dopo pagine e pagine di parole e di una situazione fondamentalmente statica, tutto si anima all’improvviso nel precipitare degli eventi. Parlano finalmente le armi e la magia, al pieno delle loro potenzialità. E quando l’azione termina le ultime frasi assumono un tono epico.
Probabilmente il libro scontenterà in parte l’impazienza di arrivare allo scontro finale, ma non mancherà di far trascorrere dei bellissimi momenti a chi cerca soprattutto una storia che sia contemporaneamente coinvolgente e ben scritta. Da questi due punti di vista, il nome di Robert Jordan continua ad essere una garanzia.
A proposito di Perrin e del finale, è a loro che è dedicata l’incredibile copertina dell’ebook. Chi ha letto il romanzo non ha dubbi su quale possa essere la scena raffigurata.