Magazine Curiosità
Uno degli interrogativi che meglio rispecchiano la retorica dell'uovo e la gallina è la questione se gli esseri umani siano aggressivi, egoisti e competitivi per natura, geneticamente, o se simili tare siano state loro inculcate per via culturale dai poteri che nel corso dei secoli hanno governato il mondo, in particolare attraverso le infinite incarnazioni della strategia del divide et impera. Nel pensiero di William Golding - premio Nobel per la Letteratura nel 1981 - tale dubbio non sussiste, in quanto dai suoi scritti emerge con chiarezza una visione pessimistica del genere umano, descritto come innatamente propenso alla brutalità. Gli orrori della prima guerra mondiale, alla quale prese parte, dovettero concorrere a creare nello immaginario di Golding una idea cupa e disperata della società umana, punto di vista espresso compiutamente nella sua opera più rappresentativa: Il Signore delle Mosche (1954). La locuzione Signore delle Mosche è la traduzione letterale dello appellativo ebraico Belzebù, nome di un'antica divinità filistea che prendeva origine da Baal, e che spregiativamente le autorità ebraiche convertirono in uno dei tanti nomi di Satana. L'impianto narrativo del Signore delle Mosche ricalca quello di mille altre opere di avventura incentrate sulla sopravvivenza alle asperità, sulla falsariga di Robinson Crusoe e dell'odierno telefilm Lost. Tuttavia ciò che a prima vista appare come una storia di puro intrattenimento, con lo scorrere delle pagine perde tali connotati per trasformarsi in una severa e disperata metafora sulla natura del genere umano, e sui meccanismi che spontaneamente ne governerebbero le azioni. Protagonista de Il Signore delle Mosche è un gruppo di giovanissimi studenti inglesi, i quali imbarcatisi su un volo per trarsi in salvo dallo epicentro di una immaginaria terza guerra mondiale, incorrono nella disavventura di un disastro aereo, precipitando su una isoletta sperduta in mezzo all'oceano. Gran parte della scolaresca muore nello schianto, mentre i sopravvissuti si ritrovano obbligati a lottare per sopravvivere in un microcosmo ostile e lontano anni luce dalle convenzioni e leggi che ordinano il mondo 'civilizzato'. E' a questo punto che Golding incomincia a mettere in scena - evento dopo evento - la sua visione pessimistica della società umana, unita ad una predilezione politica per il legalismo autoritario. Il presupposto è la coesistenza forzata di un gruppo di esseri umani (molto giovani, quindi - si suppone - non contaminati dalle logiche della età adulta) all'interno di uno spazio limitato e privo di autorità costituite. Se chi legge ha avuto modo di vedere film come The Experiment, oppure il recente The Divide, intuirà al volo dove Golding intenda andare a parare. Subito dopo l'incidente emergono tra i superstiti le personalità più aggressive, fino a che uno dei ragazzini riesce ad assoggettare il resto del gruppo. Con il passare del tempo - tuttavia - la 'leadership' non manca di suscitare scontento in buona parte dei componenti di questa micro-società. Il che da luogo ad una serie di azioni e reazioni che conducono alla scissione del gruppo in due fazioni. Antagonismo e guerra non tardano a manifestarsi, con conseguenze tragiche. Sebbene inframmezzato da una satira sui culti religiosi, il messaggio che Golding ha voluto tramandare con questo romanzo è che in assenza di un sistema fatto di leggi dure ed autorità inflessibili, lo essere umano sia destinato a regredire fino a uno stato di cieca brutalità. Se non adeguatamente controllata la sua intelligenza superiore piuttosto che differenziarlo in positivo dalle altre creature terrestri, farebbe di lui una aberrazione della natura, l'unico vero mostro mai esistito sulla faccia del pianeta. Concetto che non è difficile riscontrare tra le pieghe della storia umana. Secondo Golding il potere sarebbe corrotto e immorale semplicemente perché specchio fedele della umanità di cui è espressione. Sulla base di un simile assunto - aggiungo - ne conseguirebbe che per perseguire i loro obiettivi i 'burattinai' si sarebbero limitati ad alimentare e catalizzare alcune peculiarità innate della natura umana, tutto ciò in barba alle poche migliaia di individui morali che - passandosi il testimone di generazione in generazione - non hanno potuto fare altro che assistere impotenti.alla messa in scena di un copione già scritto. Alcune dottrine esoteriche converranno con la visione di Golding, affrettandosi però a precisare che la 'natura umana' raffigurata dall'autore cornovagliese descriva in realtà il cosiddetto 'avversario', l'ego, il falso io, la 'entità' che risiederebbe in ciascuno di noi e ci indurrebbe alla scissione e la polarizzazione, impedendoci di entrare in contatto con la nostra essenza 'divina.' Anche secondo Kant la tendenza al male sarebbe insita in ogni uomo, sebbene il filosofo tedesco - al contrario di Golding e dello gnosticismo - sottolineasse la necessità di una simile tendenza. E perfino John Nash jr, matematico statunitense immortalato dal film A Beautiful Mind, suppongo si trovi in sostanziale accordo con la visione di Golding, dato che la Teoria dei Giochi su cui ha basato molti dei suoi studi perviene a simili conclusioni sotto forma di matematica applicata alla sociologia. Nel mio piccolo sono combattuto in merito. La coscienza mi suggerisce che di base tutti gli uomini nascano neutri e che successivamente sia il sistema a plasmarli e deviarli con le sue sovrastrutture culturali, in misura inversamente proporzionale al grado di anzianità delle loro anime. D'altro canto mi sembra che questo mondo fisico, così com'è strutturato, renda molto più comodo il compito di chi persegua obiettivi immorali. E mi succede di restare interdetto quando vedo due bambini di pochi mesi che se le danno di santa ragione per contendersi un giocattolo, o quando mi accorgo di come spesso le persone 'comuni', non appena gliene si presenti la occasione, tendano a sopraffare e approfittarsi dei più deboli, anche in assenza di un congruo movente. Nello specifico mi riferisco ad un servizio mandato in televisione nei giorni scorsi, in cui si denunciavno gli abusi - fisici e psicologici - che il personale di una struttura per la assistenza di disabili perpetrava abitualmente ai danni di questi ultimi; persone malate, deboli e quindi incapaci di denunciare le sevizie subite. Come sappiamo, non è il primo servizio che abbia scoperchiato simili verminai. Periodicamente spuntano fuori notizie in cui gente apparentemente normale, deputata alla tutela e assistenza di individui malati, o anziani, o sottoposti a tutela per altre ragioni, si lasci inebriare da simili sterili istinti di crudeltà e sopraffazione. Nessuno si è mai chiesto come mai nei casi di decesso 'in stato di fermo di polizia', le vittime siano sempre persone normali, modeste, prive di santi in paradiso, mentre ad esempio non è mai accaduto che un 'potente' boss della malavita sia mai morto durante un fermo di polizia? La risposta temo sia da doversi ricercare tra le pieghe più recondite della indole umana. Osservando il mondo delle relazioni umane non si può negare che purtroppo tali dinamiche siano all'ordine del giorno, e allora può capitare che un dubbio si faccia strada nella mente. Passi (si fa per dire) ogni angheria e crimine perpetrato dai conclamati, colpevoli, recidivi agenti di questo sistema marcio. Passi (si fa per dire) la propensione nel tirarsi pacchi a vicenda per non soccombere nella arena del debito o per inseguire i miti di plastica spacciati dalla cultura dominante. Ma quando vedo persone 'normali' abusare sistematicamente di gente debole e indifesa - senza motivo, senza ricavarne il benché minimo tornaconto materiale, per mero istinto; solo perché si 'trovano nella posizione di poterlo fare' - mi viene da pensare ad uno dei pochi aforismi che Golding lasciò in eredità ai posteri: Gli uomini producono il male come le api producono il miele. E torno a chiedermi se sia nato prima l'uovo o la gallina... Fonte: www.anticorpi.info
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