di Tommaso Manzillo
Santa Caterina Galatina: antica litografia
Nella ricorrenza per il 150mo dalla proclamazione del Regno d’Italia (che storicamente è l’espressione più corretta, dato che l’Unità si completerà con l’annessione dei territori di Trentino, Alto Adige, Trieste ed Istria e poi Fiume), merita una breve trattazione la nascita e lo sviluppo del sistema scolastico a Galatina durante il periodo risorgimentale e post-unitario.
Da quanto sappiamo, prima dell’Unità l’istruzione era affidata storicamente, oltre alle parrocchie, agli enti ecclesiastici del tempo, come per esempio le Orsoline, la Compagnia di Gesù, i Barnabiti. Fu Orazio Congedo senior, morto nel 1804, che nel 1801 istituì a Galatina due scuole, con una munifica donazione dal suo patrimonio personale: una di primella e primaseconda, l’altra di seconda e umanità (Congedo P., Gli Scolopi e Galatina, 2003, pag. 33). Con il regio assenso del 1804, la prima prese il nome di scuola del leggere e dello scrivere, mentre la seconda fu indicata come scuola dell’umanità.
Per la vita del sistema scolastico a Galatina fu determinante un ordine religioso già operante nel Salento (Campi Salentina, Brindisi, Manduria, Francavilla), ossia gli Scolopi, fondato da San Giuseppe Calasanzio, che istituì le Scuole Pie nel 1597, ottenendo successivamente il riconoscimento dei pontefici Clemente VIII e Paolo V. Agli inizi del XVIII secolo a Galatina si tentò di far arrivare gli Scolopi, tramite il Capitolo della Collegiata, ma non si approdò a nulla, perché non si trovarono quelle disponibilità finanziarie ad integrazione del lascito di mons. Adarzo de Santander (1673).
Un altro tentativo in favore delle scuole pubbliche a Galatina, fu rappresentato dal testamento del canonico della Collegiata, Ottavio Scalfo, morto nel 1759, lasciando i suoi beni per l’istituzione delle Scuole Pie. Dopo un lungo processo civile durato diversi anni, a causa dell’impugnazione del testamento Scalfo da parte degli eredi del fratello Giovanni, ossia i Galluccio, la R. Camera di S. Chiara di Napoli decise, nel 1776, che il lascito di Giovanni Scalfo non andasse ai Carmelitani bensì ai Galluccio, eredi legittimi, mentre con quello del canonico Ottavio fu istituito il Conservatorio femminile dove un tempo era il palazzo Scalfo, come stabilito dallo stesso Ottavio nel caso in cui non fosse possibile portare gli Scolopi a Galatina.
È durante il regno dei napoleonidi che si cercò di promuovere l’istruzione secondaria gratuita mediante i Collegi Reali, mentre il re Ferdinando IV aveva già disposto anni prima il trasferimento delle Scuole di Castro a Poggiardo e il Murat le trasferì nuovamente ad Otranto. Ma tali provvedimenti rimasero disapplicati, perché, al ritorno dei Borboni a Napoli, le scuole si trovavano ancora a Poggiardo. Nel 1818 la Diocesi di Castro fu soppressa ed incorporata in quella di Otranto, mentre i beni degli ex conventi di Andrano, Marittima e Poggiardo andarono a Galatina per l’istituzione delle scuole secondarie, che avvenne soltanto nel 1833. A Poggiardo rimasero solo i beni del legato Capreoli (inizi del XVIII sec.), che destinò le modeste rendite di cui disponeva per l’istituzione di tre scuole pubbliche a Castro.
Purtroppo, le Scuole Secondarie a Galatina incontrarono serie difficoltà economiche, costringendo l’amministrazione comunale a prendere trattative con gli Scolopi. Questi chiedevano, tra le altre cose, la possibilità di disporre di una chiesa pubblica, non lontano dal paese, oltre che di una casa ammobiliata, tutto a spese del Comune. Solo nel 1853 si ottenne il regio assenso e gli Scolopi poterono arrivare a Galatina, disponendo della chiesa di S. Maria della Grazia, oggi conosciuta come chiesa del Collegio, perché qui si istituì il Pio Istituto “P. Colonna”, rimasta libera in quanto, con l’arrivo dei napoleonidi, i PP. domenicani furono cacciati, insieme ai Carmelitani che si trovavano presso il Carmine. Come affermava l’Intendente Sozy Carafa, riportato Pietro Congedo in Gli Scolopi e Galatina, i PP. delle Scuole Pie “godevano tutte le simpatie dei liberali ultra e dei compromessi politici, simpatie ottenute e giustificate dal loro modo di pensare, di scrivere e di insegnare”.
Con l’Unità d’Italia, nel 1866 molti ordini religiosi furono soppressi e da Galatina furono mandati via gli Olivetani, i Francescani Riformati e gli Scolopi, mentre il collegio entrò nella disponibilità dell’amministrazione comunale. Nel 1881 il Ginnasio ottenne il pareggiamento alle Scuole regie, riconosciuto Opera Pia dal Governo, mentre nel 1898 fu istituito il corso liceale, e nell’anno scolastico 1907-08 l’intera Scuola divenne governativa, grazie all’intervento dell’ing. Antonio Vallone.
Sul finire del XIX secolo nasce l’Istituto Statale d’Arte “G. Toma”, come Scuola Serale applicata all’industria e ai mestieri, voluta dall’ingegnere Antonio Vallone, il cui nome ritorna spesso nella storia di Galatina tra la fine del XIX e il primo quarto del XX secolo. Nel periodo post-unitario, si rese necessaria l’istituzione di una scuola dei mestieri, dato il grande disordine subito dopo il 1861; mentre il Ginnasio rimaneva una scuola per pochi eletti facoltosi, l’istituto d’arte aveva la funzione quanto meno di abbassare l’elevata soglia di analfabetismo ancora presente tra la gran parte del popolo. Il suo ruolo fondamentale fu ed è quello di far acquisire alle giovani generazioni quelle competenze necessarie per poter svolgere con dignità un determinato lavoro. Successivamente fu regificata (1908), divenendo Regia Scuola Popolare di Arti e Mestieri (cfr. Antonaci A., 1999, pag. 785 e ss.), mentre nel 1924 passò alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione.Nel corso degli anni successivi, furono istituiti l’Istituto Professionale Statale per l’Industria e l’Artigianato, poi intitolato al nostro concittadino Gaetano Martinez (1892-1951) e l’Istituto Tecnico Commerciale, dedicato solo nel 1964 al prof. fisiologo Michele Laporta (1903-1954).
Galatina deve un enorme riconoscimento ai grandi protagonisti della storia cittadina, per averla dotata di istituzioni scolastiche che l’hanno resa non solo “un’oasi di cultura”, come avrebbe detto De Viti De Marco commemorando l’amico Antonio Vallone, ma anche terreno fertile per la promozione e la diffusione di quei valori civici oggi oramai scomparsi nelle giovani generazioni.