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“Il soffocante pensiero dell’incompimento”, una prosa inedita di Lisa Orlando

Creato il 21 gennaio 2015 da Criticaimpura @CriticaImpura
mixed media on board - superfice del superfluo N. 3

Raffaele Gatta, “mixed media on board – superfice del superfluo N. 3″

Di LISA ORLANDO

Non voglio scriverti, non voglio scrivere niente di te. Eppure, ti scrivo. Ti scrivo in quest’atmosfera febbrile, rifiutandomi di dirti. Ti scrivo, dunque (nella negazione), per lasciarti sopravvivere. Perché tu non divenga la sanguinante lesione di un addio, sarai tutto ciò che non accade; sarai ciò che non avanzerà nel tempo; tu sarai il soffocante pensiero dell’incompimento.

Qui, semplicemente, ti terrò, per non lasciarti morire. Per non lasciare che io muoia, cosa tratterrò di te? (Dilatandone la prospettiva), i tuoi occhi. Cento pagine scriverò sui tuoi occhi. Ma no! Non scriverò nulla. Non lascerò che diventino stazione di calvario (luogo del mio smarrimento?). Dirò solo: i t u o i occhi. Evocandone l’ombra, come gesto di esistenza. Eccoli! Sono qui (?), non mi acquietano; mi affidano alla fatica d’immaginarli, come fossero ferita, sempre; luogo d’inafferrabilità!

Lei lo sa! Lei non potrà dire mai i tuoi occhi, dall’iride nero, grande, i tuoi occhi  magici, ambigui, melanconici; le consentirebbe un punto di vista privilegiato che non ha mai avuto. Non potrà dire neppure di averli baciati – in un miscuglio di inventiva e storia, magari sotto un cielo di traslucida bellezza? o al mattino nelle nebbie dell’alba –; evocherebbe un avvicinamento che non è mai esistito.

Dunque ecco: i tuoi occhi; l’estrema riserva di una lingua che altro non può più dire, né smettere, ormai, di mormorare. Lei ora li  pronuncia, con voce sommessa, schiarendosi la gola, come se non possa fare a meno di commuoversi profondamente di quel solo narrare. E indugia, su di essi, come una vedette  che è lì  s o l o per vegliare, dirne l’esistenza.

C’è una donna. Ha i capelli corti? Ha i capelli rossi? Profuma di eucaliptus, ma potrebbe anche odorare di viole. La donna si trova in uno stato di bolla. La bolla di sapone azzurra, iridescente, il curvo riflesso della finestra sulla sua lucida superficie, cresce, si gonfia, e di colpo potrebbe non esserci più. La donna potrebbe non esserci più.

Così, io esisto, sospesa nello stato nullificante;  bolla che, al rischio d’uno scoppio, mira verso il nulla. Nella disarmante terribilità, ti scrivo degli occhi, nudi, estranei; occhi che non condurranno a nulla, se non a essere qui, nell’inchiostro che ti trattiene (che mi preserva dall’ ingresso nel tempo?)

1) Chi è, l e i?

La resistenza, tragica, che si oppone; a ogni risveglio? a ogni mattino? a ogni fredda cenere? – ora che non resta che vegliare soli?

2) E tu, chi sei?

L’assente, amato, come ombra d’uccello sul sentiero, nel volontario passo del non addio.


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