L'autore si ispira alla storia della sua famiglia per offrirci questo romanzo, ambientato tra gli Stati Uniti di fine Ottocento e l'Europa della Prima Guerra Mondiale.
All'inizio lo sfondo è quello tipico del Far West; villaggi minerari, cacciatori, natura bella e pericolosa, gente in caccia di fortuna. Un padre di origine slovacca, dopo alcuni anni piuttosto sventurati, deve lasciare l'America e tornare sulle montagne di Pastvina, nell'Impero Austro-Ungarico. Nelle zone natali insegna a cacciare al figlio Josef e al nipote, conducendo una vita spartana e spesso assillata dalle beghe familiari. Quando scoppia la guerra, Josef e il cugino sono mandati sul fronte italiano; già abili cacciatori, diventano cecchini quasi infallibili. Combattono insieme come Castore e Polluce, aggirandosi in coppia tra i monti innevati, in una natura selvaggia dove il freddo uccide quanto la guerra. Non mancano le descrizioni liriche:
" E in quel tardo autunno, per alcuni giorni, durante i quali camminammo di buon passo e senza sosta (...) provai per la prima volta un senso di pace in quella guerra, dentro e fuori di me, nell'inattesa bellezza delle cime che ci adescavano e ci minacciavano al pari del nemico, ma era una minaccia ben diversa dall'arbitrarietà della battaglia sull'Isonzo, perché le montagne apparivano in egual misura implacabili e disposte a perdonare ".
Dopo mille peripezie, sopravvivendo a tante battaglie e anche alla prigionia, Josef torna a casa in un impero defunto, dominato dal caos e scosso dalle agitazioni nazionalistiche. Nello sfascio del mondo asburgico, non c'è sicurezza; inoltre l'emergere di nuovi stati lo fa sentire privo di una chiara identità. L'Europa è troppo carica di lutti e di anni; per il giovane, alle prese con dolorosi ricordi e con ferite fisiche e morali, l'America rappresenta il mondo delle possibilità sempre aperte dove ancora ci può essere futuro.
Il libro è scorrevole e interessante, ma il suo limite è lo stile. Il periodare compassato e il tono sempre abbastanza controllato nonostante i drammi vissuti, alla fine stonano e tolgono infatti ritmo alla narrazione.