L’allarme lo ha lanciato l’Università della California. Secondo un rapporto inquietantemente intitolato “Green Illusions”, le celle solari statunitensi non avrebbero alcun effetto compensativo sulla produzione di gas serra né limiterebbero l’impiego di combustibili fossili.
Anzi, da Berkely sostengono che i processi di fabbricazione dell’industria del solare siano in realtà autentici killer dell’ambiente, tanto per usare un’espressione di moda in questi tempi.
In questo caso, i maggiori indiziati rispondono ai nomi di esafluoroetano, trifluoruro di azoto e esafluoruro di zolfo, tre potenti gas serra che sarebbero emessi proprio durante la fabbricazione delle celle solari. Al loro cospetto, sostengono negli States, la tanto temuta CO2 appare quasi innocua. In particolare, l’esafluoroetano ha un potenziale di riscaldamento globale che è 12.000 volte superiore a quello dell’anidride carbonica, secondo i dati diffusi in un recente rapporto del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC).
E non solo, perché oltre a essere prodotto solo dagli esseri umani, una volta immesso nell’atmosfera ci rimane per ben 10mila anni. Non va molto meglio quando si parla di trifluoruro di azoto, ritenuto 17mila volte più pericoloso della CO2, e ancora peggio va quando si passa all’esafluoruro di zolfo, il più pericoloso di tutti: 23mila volte.
“Se la produzione fotovoltaica cresce, crescono anche gli effetti collaterali associati”, afferma il professor Zehner. “E la cosa peggiore è che non ci sono prove che le cellule solari compensino l’utilizzo di combustibili fossili nel contesto americano”. “È un effetto boomerang”, osserva Zehner, suggerendo metodi alternativi per la riduzione della CO2 che non sia affidarsi alle celle solari.
[foto da greenillusions.org]