C’è una paese pieno di case di sasso. Sta dentro una collina che guarda il mare che è abitato da grandi navi e da piccole barche.
Fino a ieri non sapevo che esistesse e mai avrei immaginato che sarebbe potuto divenire parte della mia vita.
Per tutta l’esistenza mi sono trascinata come fossi un cavallo da soma enormi pesi senza mai domandarmi perché dovessi farlo, o come potessi evitarmi la fatica.
Sapevo di doverlo fare e basta.
Sapevo che era una cosa necessaria e basta.
Il giorno che ho incontrato un pezzo speciale d’umanità per il disorientamento e l’emozione mi sono persa dentro un labirinto.
Dentro questo groviglio di foresta malsana ed insidiosa ho vissuto giorni terribili, dove il cielo ha smesso d’essere d’aria e la terra ha smesso d’essere solida, ed il fuoco ha smesso di scaldare e l’acqua di bagnare. Io sapevo solo di non essere ancora morta, come m’avesse assalito un terribile drago che ogni giorno si mangiava un pezzo di me senza che io potessi fare nulla.
Non sono morta perché sono fatta di bellezza, ossia sto come un albero aggrappata alla verità che è come una lampadina che non può essere spenta da nessun terremoto e da nessun naufragio e da nessuna apocalisse.
Ho combattuto come un valoroso soldato che non sa quando smetterà di vedere morti e feriti intorno a sé…e solo si augura di trovarsi il prima possibile alla fine del tunnel.
Durante i lunghi mesi di travaglio e di solitudine e di sconforto i parametri normali di valutazione sono stati sostituiti da misure straordinarie.
Quando ho creduto di potere avere raggiunto la meta che mi avevo prefisso, ho sgranato gli occhi per vedere meglio e mi sono trovata in un porto sicuro.
Strano, ragazzi, una si butta a capofitto nella ressa degli smarriti e degli esaltati per ritrovarsi dentro un ordinato orticello candido di fiori e ricco di spezie.
Improvvisamente e finalmente i numeri sono tornati a fare sistema, il cielo è tornato d’aria, come la terra di sasso ed il fuoco di scintille e l’acqua di gocce ballerine.
Meravigliosa la vita che torna ad essere vivibile e piena di sacrosante opportunità. Da questo piccolo angolo di paradiso dove le tragedie sono state inghiottite dalla carne che nel frattempo le ha digerite e ben assimilate, osservo con buona pace gli umani che mi circondano e ce ne sono di varie categorie. Alcuni hanno la mia preferenza e la mia disponibilità, altri sono stati recintati dentro luridi campi dove loro stessi hanno deciso di passare i loro giorni, altri ancora stanno in una terra di mezzo nell’attesa di venire compresi.
C’è solo una certezza in questa mutazione in continua metamorfosi; e sono i nostri cari che si sono dimostrati attenti e vicini nei giorni del terremoto e dello sconvolgimento. Le persone che ci vogliono bene hanno a loro volta sbagliato, magari molto sbagliato, ma se poi si ravvedono e si ravvedono e si ravvedono, allora si può davvero credere che si siano ravveduti.
Come un innamorato che viene da un passato turbolento e per nulla promettente ma che bussa alla nostra porta in una sera d’inverno portandoci un dono; noi non gli vogliamo dare fiducia e non lo facciamo entrare.
Torna il secondo giorno e non lo facciamo entrare.
Torna il terzo e sempre lo cacciamo via.
E così la stessa storia per un tempo inverosimile di cui si perde la conta.
Poi un giorno non preciso, esattamente come gli altri, l’innamorato torna, ci rinnova il suo dono e noi questa volta gli diciamo di sì.
Gli diciamo di sì per premiare la sua costanza, perché consideriamo che una buona cosa non meriti d’essere buttata via.
La famiglia è il luogo santo dove accadono i miracoli. Lo dico nel senso profano del termine. Santo sta per privilegiato, specifico e benedetto. Il fatto è che famiglie non si nasce ma ci si costruisce. Le famiglie si scelgono, non ce le troviamo impacchettate e scontate. Ma si scelgono nel cuore. Possono funzionare sono se stanno nel cuore.
Tutto il resto che sta fuori di questo nodo assoluto è il puttanaio che circonda ordinariamente tutto e tutti.
Quando sento parlare le persone in genere mi sorprendo sempre della nostra ripetuta cecità. Alla mancanza di intelligenza non ci si può fare (fortunatamente) l’abitudine.
Accade infatti che in genere ci si ferma all’apparenza delle cose, e non ci si muove verso la visione della sostanza.
Prendiamo per esempio il nostro capoufficio ed i colleghi di lavoro, o il nostro dirigente ed i colleghi di lavoro, o i nostri parenti con relativi affini, o i nostri amici di passaggio e relativi contingenti.
Sono tutti stati d’umanità quotidiani dove sovrasta per lo più la legge del tornaconto personale.
Alzi la mano chi cerca d’ impostare la propria giornata lavorativa o la propria giornata familiare o la propria giornata festiva e di divertimento secondo le banali leggi della spontaneità, dell’impegno e della condivisione.
Immagino già le risposte di molti: “Io considero solo i miei familiari, tutti gli altri sono estranei” oppure “Quello che gli altri fanno a me non vedo perché io non dovrei fare loro” oppure “Ciò che conta è essere furbi più degli altri perché così nessuno ti fotte” oppure “Perché dovrei impegnarmi quando nessuno ha mai fatto nulla per me?” e così di seguito su questo passo…
Il mondo va di merda perché questi sono i nostri luoghi comuni. Consideriamo la famiglia un luogo privilegiato e separato dal resto della società e la società come la discarica della nostra immondizia, ma non è nemmeno questa la verità, perché quello che noi ci dispensiamo di fare in società ci ritorna contro nella famiglia la quale non è affatto il luogo privilegiato e “Perfetto” che si ritiene considerare, ma solo il luogo dove insegniamo a noi stessi e ai nostri figli come fottere il prossimo.
La famiglia non sono nostro padre, nostra madre, i nostri fratelli o nostra moglie, nostro marito, i nostri figli…la famiglia sono le persone che ci scegliamo e che si dimostrano all’altezza del loro compito verso cui noi ci dimostriamo fedeli.
In altre parole la famiglia non è un contenitore fisso e stabile, ma mobile e modificabile. E in altre parole lancio una freccia in favore delle famiglie allargate, quando queste stesse dimostrano di funzionare meglio di quelle originarie.
Il problema che si aggiunge dentro questo periodo di grandi cambiamenti e di grandi sconvolgimenti, è che l’essere comune rischia di scambiare le nuove opportunità per facili occasioni in cui fare quello che si crede.
I fautori del rigidismo nel nome di questo rischio reale vorrebbero chiudere le nuove frontiere che invece avanzano coma falangi ben armate che mai nessuna dittatura sporca e crudele potrà mai più fermare.
Tanto vale affrontarli, i problemi, metterli tutti su di un tavolo e pianificarli il meglio che si può.
La vera fortuna di questa nuova idea di famiglia vivente e in costruzione è che il nucleo familiare può diventare una vera e propria comunità, un vero e proprio agglomerato di persone che si ritrovano ad essere unite perché si condividono gli stessi principi di onestà, di ricerca, di divertimento.
Dentro questa bellissima ricerca che ho deciso di fare mia, sta l’annullamento dei vecchi parametri di misura e la presa in considerazione dei nuovi.
La bellezza degli affetti è che si può amare un solo essere come uomo e come donna, ma si possono amare vari esseri come amici e fratelli e compagni di viaggio. In un certo senso si diventa delle grandi madri o dei grandi padri dove i confini del conosciuto e dello sconosciuto si assoggettano alle leggi della riconoscenza e della fratellanza universale.
Non riesco a trovare un altro termine per definire la questione.
Fratellanza non nel senso religioso del termine, o meglio, non nel senso confessionale del termine, ma nel senso antropologico ed umanistico.
Il “Siamo tutti fratelli” è stata e continua spesso a venire fraintesa come un’espressione buonista e facilona dove ci si può mettere dentro tutto e tutti.
Niente di più falso.
Questo motto può funzionare solo se ognuno dei componenti di questa ideale compagnia di fatto e in prima persona si assoggetta alle regole sopra citate e sopra descritte.
Si assoggetta nel senso che decide liberamente e coscientemente di farsi servitore della pace, della capacità concreta di vivere l’uno accanto all’altro.
Come vedete il discorso si sta allargando in maniera esponenziale e arriva a toccare spazi intergalattici e assai complicati, in cui viene sapientemente messa in discussione la stessa idea di Dio, e quindi la stessa idea di cristianesimo nel nome della scienza sovrana.
In che misura l’uomo è un essere perfetto perchè a immagine di Dio e nello stesso tempo è un essere fallibile e potenzialmente orribile perchè libero? In che misura ci sono varie idee di divinità, tutte da ritenersi discutibili, ma una sola idea di scienza la quale non dà adito a nessun dubbio, nel momento in cui però si manifesta o si rende conosciuta? Serve di più all’uomo una scienza visibile che cammina alla velocità della tartaruga o un’idea del Dio che non c’è che quando si rivela cammina alla velocità della luce?
Qui per ora mi fermo, perdonatemi per la mia loquacità e vi auguro una serena giornata.
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