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Il sole a levante

Creato il 11 novembre 2012 da Dallomoantonella

Il sole a levante

C’è  una paese pieno di case di sasso. Sta dentro una collina che guarda il mare che è abitato da grandi navi e  da  piccole barche.

Fino a ieri non sapevo che esistesse e mai avrei immaginato che sarebbe potuto divenire parte della mia vita.

Per tutta l’esistenza  mi sono trascinata come  fossi un  cavallo da soma  enormi pesi senza mai domandarmi  perché dovessi farlo, o come potessi evitarmi la fatica.

Sapevo di doverlo fare e basta.

Sapevo che era una  cosa necessaria   e basta.

Il  giorno  che ho  incontrato  un pezzo  speciale d’umanità  per il disorientamento  e l’emozione  mi sono persa dentro un labirinto.

Dentro questo groviglio di  foresta malsana  ed insidiosa ho vissuto  giorni terribili, dove il cielo ha smesso d’essere d’aria e la terra ha smesso d’essere solida, ed il fuoco ha smesso  di scaldare e l’acqua di bagnare. Io sapevo solo di non essere ancora morta, come m’avesse assalito un terribile drago  che ogni giorno  si mangiava un pezzo di me  senza che io potessi fare nulla.

Non sono morta perché  sono fatta di bellezza, ossia sto come un albero   aggrappata alla verità  che è come una lampadina che non può essere spenta da nessun terremoto e da nessun naufragio e da nessuna apocalisse.

Ho combattuto come un valoroso   soldato  che non sa quando smetterà di vedere morti e feriti  intorno a sé…e solo  si augura di trovarsi il prima possibile alla fine del tunnel.

Durante i lunghi mesi  di travaglio e di solitudine e di sconforto   i parametri normali di valutazione  sono stati  sostituiti  da   misure straordinarie.

Quando   ho creduto  di potere avere raggiunto  la meta che mi avevo prefisso,  ho sgranato  gli occhi per vedere meglio  e mi sono trovata in un porto sicuro.

Strano, ragazzi, una si butta a capofitto nella ressa degli smarriti e degli   esaltati per ritrovarsi dentro un ordinato   orticello candido   di fiori  e ricco di spezie.

Improvvisamente e finalmente i numeri sono tornati  a fare   sistema, il cielo è tornato d’aria, come la terra di sasso ed il fuoco di scintille  e l’acqua  di  gocce ballerine.

Meravigliosa la vita  che torna ad essere vivibile e piena di  sacrosante opportunità.  Da questo piccolo angolo di paradiso  dove le tragedie sono state inghiottite dalla carne che nel frattempo le ha digerite e ben assimilate,  osservo con buona pace gli umani che mi circondano e ce ne sono di varie categorie.  Alcuni hanno la mia preferenza e la mia disponibilità, altri sono stati recintati dentro luridi campi  dove loro stessi hanno deciso di  passare i loro giorni, altri ancora stanno in una terra di mezzo  nell’attesa di venire compresi.

C’è solo una certezza  in questa mutazione in continua metamorfosi;  e sono i nostri cari  che si sono dimostrati  attenti e vicini  nei giorni del terremoto e dello sconvolgimento.   Le persone che ci vogliono bene   hanno a loro  volta sbagliato, magari molto sbagliato,  ma  se poi si ravvedono e si ravvedono e si  ravvedono, allora  si può davvero  credere che si siano ravveduti.

Come un innamorato che viene da un passato turbolento e per nulla  promettente  ma che bussa alla nostra porta  in una sera d’inverno  portandoci  un dono;  noi non gli vogliamo dare fiducia   e non lo facciamo entrare.

Torna il secondo giorno  e non lo facciamo entrare.

Torna il terzo e sempre lo cacciamo via.

E così la stessa storia per un tempo inverosimile di cui si perde la conta.

Poi un giorno non preciso, esattamente come gli altri, l’innamorato torna, ci rinnova il suo dono e noi questa volta gli diciamo di sì.

Gli diciamo di sì  per premiare la sua costanza, perché consideriamo  che  una buona cosa  non meriti d’essere buttata via.

La famiglia è il luogo santo dove accadono i miracoli. Lo dico  nel senso profano del termine. Santo sta per privilegiato, specifico e benedetto. Il fatto è che famiglie non si nasce ma ci si costruisce. Le famiglie si scelgono, non  ce le troviamo impacchettate e scontate. Ma si scelgono nel cuore. Possono funzionare sono se stanno nel cuore.

Tutto il resto che sta fuori  di questo nodo assoluto è il puttanaio  che circonda ordinariamente  tutto e tutti.

Quando  sento parlare le persone  in genere   mi  sorprendo  sempre  della nostra  ripetuta   cecità. Alla mancanza di intelligenza  non ci si può fare (fortunatamente) l’abitudine.

Accade  infatti   che in genere ci si ferma  all’apparenza delle cose, e non ci si muove verso la visione della sostanza.

Prendiamo per esempio il nostro capoufficio ed i colleghi di lavoro, o il nostro dirigente ed i colleghi di lavoro, o i nostri parenti  con relativi affini, o i nostri amici  di  passaggio  e relativi  contingenti.

Sono tutti stati d’umanità quotidiani  dove sovrasta per lo più la legge  del tornaconto personale.

Alzi la mano  chi  cerca d’ impostare la propria giornata lavorativa o la propria giornata  familiare o la propria giornata  festiva e di divertimento secondo le banali   leggi   della spontaneità, dell’impegno e della  condivisione.

Immagino già le risposte di molti:  “Io considero solo i miei familiari, tutti gli altri sono estranei” oppure “Quello che gli altri fanno a me non vedo perché io non dovrei   fare loro” oppure “Ciò che conta è essere furbi  più degli altri perché così nessuno ti fotte” oppure “Perché dovrei impegnarmi  quando nessuno ha mai fatto nulla per me?” e così di seguito su questo passo…

Il mondo va di merda perché questi sono i nostri luoghi comuni. Consideriamo la famiglia  un luogo privilegiato e separato dal  resto della società e la società come  la discarica della nostra immondizia, ma non è nemmeno questa la verità, perché quello che noi ci dispensiamo di fare in società  ci ritorna contro nella famiglia la quale non è affatto il luogo privilegiato e “Perfetto”  che  si  ritiene considerare, ma solo il luogo dove insegniamo a noi stessi e ai nostri figli come fottere il prossimo.

La  famiglia  non sono nostro padre, nostra madre, i nostri fratelli o nostra moglie, nostro marito, i nostri figli…la famiglia sono le persone che ci scegliamo e che si dimostrano all’altezza del loro compito verso cui noi ci dimostriamo fedeli.

In altre parole la famiglia non è un contenitore fisso e stabile, ma mobile e modificabile.  E   in altre parole  lancio una freccia in favore delle famiglie allargate, quando queste stesse dimostrano di funzionare meglio di quelle  originarie.

Il problema che si aggiunge dentro questo periodo di grandi cambiamenti e di grandi sconvolgimenti,  è che  l’essere comune rischia  di  scambiare  le nuove opportunità   per  facili occasioni   in cui   fare quello che si crede.

I fautori del rigidismo nel nome di questo rischio reale  vorrebbero chiudere le nuove frontiere che invece avanzano coma falangi ben armate che mai nessuna dittatura sporca e crudele  potrà mai più fermare.

Tanto vale affrontarli,  i problemi, metterli tutti su di un tavolo  e pianificarli il meglio che si può.

La vera fortuna di questa  nuova  idea di famiglia vivente e in costruzione è che  il nucleo familiare può diventare una vera e propria comunità, un vero e proprio agglomerato di persone che si ritrovano ad essere unite perché si condividono gli stessi principi di onestà, di ricerca, di divertimento.

Dentro questa bellissima ricerca  che ho deciso di fare mia,  sta l’annullamento dei vecchi parametri di misura e la presa in considerazione dei nuovi.

La bellezza degli affetti è che si può amare un solo essere come uomo e come donna, ma si possono amare vari esseri  come amici e fratelli e compagni di viaggio. In un certo senso si diventa delle grandi madri o dei grandi padri  dove  i confini  del conosciuto e dello sconosciuto si assoggettano alle leggi della riconoscenza  e della fratellanza  universale.

Non  riesco a trovare un altro termine per definire la questione.

Fratellanza non nel senso religioso del termine, o meglio, non nel senso confessionale del termine,  ma nel senso  antropologico ed umanistico.

Il   “Siamo tutti fratelli”   è stata e continua spesso a venire fraintesa   come un’espressione buonista e facilona dove ci si può mettere dentro tutto e tutti.

Niente di più falso.

Questo motto può funzionare solo se  ognuno  dei componenti di questa ideale  compagnia  di fatto e in prima persona si assoggetta alle regole sopra citate e sopra descritte.

Si assoggetta nel senso che decide liberamente e  coscientemente  di farsi servitore della pace,  della capacità concreta di vivere l’uno accanto all’altro.

Come vedete il discorso si sta allargando in maniera esponenziale e arriva a toccare spazi  intergalattici  e assai complicati, in cui viene sapientemente messa in discussione la stessa idea di Dio, e quindi la stessa idea di cristianesimo nel nome della scienza sovrana.

In che misura l’uomo è un essere perfetto perchè a immagine di Dio e nello stesso tempo è un essere fallibile e potenzialmente  orribile perchè libero? In che misura ci sono varie idee di divinità, tutte da ritenersi discutibili,  ma una sola idea di scienza  la quale non dà adito a nessun dubbio, nel momento in cui però  si manifesta o si rende conosciuta? Serve di più all’uomo una scienza visibile che cammina alla velocità della tartaruga  o un’idea del Dio  che non c’è che quando si rivela  cammina  alla velocità della luce?

Qui per ora mi fermo, perdonatemi per la mia loquacità  e vi auguro una serena giornata.

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Il sole a levante

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