Il piccolo Encefalotto, che la madre Ment-ina aveva battezzato a quel modo in onore delle antiche leggende (quelle di Lancillotto per intenderci) era un bambino vivace e curioso, anche troppo a volte: si intrufolava dappertutto e non di rado capitava di trovarlo addormentato nei posti più impensati, dopo aver perso ore a cercarlo inutilmente.
Lui era così, gli piaceva dormire ed anche nascondersi nei posticini tranquilli a pensare, perciò si addormentava senza neanche accorgersene, con grande apprensione di Ment-ina che non riusciva più a trovarlo da nessuna parte.
Guai però quelle volte che Ment-ina riusciva a metterlo a letto da bravo bimbo, nella sua cameretta: allora lui cominciava a protestare di non avere sonno, pretendeva che Ment-ina restasse con lui e gli leggesse per mille volta la solita fiaba.
Si trattava di un libro un pò magico dove i personaggi si andavano materializzando sempre più concretamente con l'aumentare del numero di ripetizioni della storia ed il crescere nell'ambiente del sonno, una sostanza scura, fluida e densa che si infiltrava ogni sera nella cameretta.
Questa era proprio una di quelle sere.
Ment-ina, che già sbadigliava, prese il libro dallo scaffale, mentre Encefalotto tutto eccitato continuava a rimbalzare sotto le lenzuola come una pallina salterina, Ment-ina gli lanciò un'occhiata rassegnata e quindi a voce alta cominciò a leggere.
"C'era una volta un re che aveva una figliuola, una splendida principessa che, nella speranza di rendere educata ed obbediente, aveva chiamato Attenta. La ragazza era stata educata in un convento ed aveva ricevuto una istruzione rigorosa e precisa, al sicuro da ogni brutta distrazione ..."
Mentre Menti-ina continuava la sua lettura con voce un pò monotona ed impastata di sonno (l'infido fluido era penetrato attraverso l'orecchio e risalendo le narici, si era fatto strada fino all'angolino di un occhio) l'immagine di Attenta nel giardino del convento aveva già assunto consistenza e spessore nel fluido che ormai aleggiava dal pavimento e dalle pareti della camera fino a circondare tutto il lettino.
A dire il vero le mancava solo un pò di colore, ma quando Encefalotto sorrise, notando le palpebre della mamma tremolare a mezz'asta, anche Attenta si colorò: indossava un abito verde ed aveva in mano un libro col quale andava ripetendo un brano da mandare a memoria per la sua insegnante. Encefalotto la scrutava curioso e non potè fare a meno di notare che la giovinetta di tanto in tanto anziché guardare il suo libro, lanciava un'occhiata ai fiorellini del prato ed allo zampillare della fontana al centro del giardino. Era un caldo pomeriggio estivo ed Encefalotto avrebbe potuto giurare di vederla sbuffare un pochino di nascosto. Quando si fece ora di cena, Attenta andò a mangiare e quindi si ritirò nelle sue stanze. Le giornate trascorrevano così sempre uguali, una dopo l'altra: la mattina Attenta andava a scuola e dopo pranzo a lezione di musica, nel pomeriggio studiava nel giardino, poi la cena e poi a dormire, ma qualcosa intanto cambiava: Attenta diventava alta e slanciata, poi cominciò a diventare anche formosa e presto si capì che stava per finire la sua scuola nel convento. Giunsero infatti un giorno in carrozza alcuni consiglieri del Re, che se ne andarono a confabulare con la superiora del convento, mentre la ragazza era ancora a lezione.
Quel pomeriggio stesso Attenta non andò come di solito a studiare in giardino, perché venne convocata dalla superiora.
Nel timore di avere commesso qualche errore e di dover subire un rimprovero, la ragazza si presentò preoccupata ed un pò tremante dalla sua direttrice, ma anziché essere sgridata venne accolta con un sorriso indulgente: la superiora le spiegò che presto sarebbe dovuta partire perché il re suo padre l'aveva promessa in moglie ad un glorioso condottiero, quindi la congedò raccomandandole di preparare tutto il suo bagaglio entro la mattina successiva.
La ragazza quindi andò senz'altro nella sua stanza a raccogliere le sue cose, le sistemò tutte nel baule, senza dimenticare proprio nulla: quando ebbe finito si guardò intorno e, constatato che non c'era più nulla da raccogliere e portare via, le venne in mente che non sarebbe stata interrogata la mattina successiva, ragion per cui decise di fare finalmente una cosa che desiderava da tempo. Scese di soppiatto in giardino, ma stavolta senza libro e si diresse decisa allo zampillo della fontanina: raccoglieva l'acqua nel cavo delle mani e si rinfrescava il viso e le braccia, un pò ne gettava sui fiori e fece prendere uno scivolone ad una coccinella rossa che passeggiava su un filo d'erba.
Certo per la piccola coccinella doveva essere stato un vero e proprio alluvione.
Attenta se ne accorse ed impietosita la raccolse delicatamente sul polpastrello del mignolo guardandola dibattersi per un pò con le zampette bagnate, quindi appena cominciò ad asciugarsi la depose sul petalo di un fiore.
Encefalotto si godeva lo spettacolo compiaciuto come se lo vedesse per la prima volta.
Dopo aver esplorato ogni angolo del giardinetto che non poteva portare nel suo baule, Attenta con un sospiro si decise a rientrare, nessuno si era accorto della sua scappatella e lei se ne andò a dormire come ogni sera.
Al mattino successivo una carrozza l'attendeva fuori al portone del convento, alcuni servitori caricarono i bagagli ed infine la ragazza scese, salutò la superiora e le insegnati che erano sulla soglia e si avviò verso il suo destino.
Attenta non conosceva il suo promesso sposo, che le dicevano essere un valoroso generale, piuttosto puntiglioso ed autoritario, tanto che i suoi soldati gli avevano dato il soprannome di Ordine: infatti lui non faceva altro che impartire ordini a tutti e non sempre risultava simpatico, cionondimeno seppe essere galante e seducente con la giovane Attenta, tanto che la fanciulla ne fu intimorita e soggiogata.
Presto si sposarono ed Attenta si lasciò guidare dalla sicumera del suo consorte in ogni cosa, vero è che col tempo si andava accorgendo che il marito era un tantino noioso e prevedibile specie per una donna attenta come lei, ma in fondo le dava sicurezza e forse la vita era proprio quella.
Ebbero anche una bambina, molto graziosa, almeno da piccola, che chiamarono Logica e che somigliava tutta a suo padre, a parte l'essere femmina.
Quando Ordine partiva per le sue spedizioni militari, Attenta restava sola con Logica (e la servitù naturalmente) la bimba era molto intelligente, ma anche lei noiosa e prevedibile come suo papà.
Secondo il costume dei tempi anche Logica venne presto spedita in convento per ricevere una educazione adeguata al suo rango, cosa per la quale (e questo va detto) la bimba mostrava un'ottima predisposizione.
Fu così che Attenta restò sola: non aveva incombenze particolari, Ordine era ancora impegnato in una campagna di conquista contro il dannato esercito del potentissimo imperatore Kaos, che dominava tutti i territori oltre i confini del regno fino all'orizzonte del cielo.
Per un pò Attenta cercò la compagnia delle sue damigelle, ma dovette presto accorgersi che erano per lo più stupidine ed avvelenate da piccole gelosie, così si rassegnò a rinunciare e decise di chiamare un maestro di pittura per passare piacevolmente il suo tempo libero.
Quando Attenta metteva i colori sulla tela il suo maestro, un giovane enigmatico ed affascinante, la osservava interessato, poi con garbo e cortesia le parlava a lungo, insegnandole l'indugio, l'indolenza e la distrazione: tutte cose aborrite nel convento, terre misteriose ed inesplorate per Attenta.
Il maestro talvolta la conduceva nel sottobosco tra la vegetazione lussureggiante ed intricata per insegnarle ad impastare i colori e insomma dopo un pò avvenne l'inevitabile.
Finalmente il generale Ordine tornò dalla lunga battaglia, Attenta fu sollecita ad allontanare il suo maestro, prima che gli tagliassero la testa, ma presto nacque un'altra bambina, forse prima del tempo si disse o forse no: fatto sta che la piccola non volle saperne del convento e passò solo tutta la vita a divertirsi ed a soffrire, rinunciando del tutto a capirci qualcosa.
La piccola Follia fu sempre di imbarazzo alla sorella maggiore, ma nessuno poteva farci nulla: così va la vita.
E finalmente anche Encefalotto si addormentò cullato dal canto di Follia, accanto alla sua mamma che già ronfava da un bel pezzo.