«Il sorgere del monoteismo nell'Antico Israele: prove bibliche ed epigrafiche»

Creato il 29 ottobre 2010 da Andream
«Il sorgere del monoteismo nell'Antico Israele: prove bibliche ed epigrafiche» è il titolo di un articolo di Christopher Rollston, in cui l'autore, assistant professor di Antico Testamento e Studi semitici alla Emmanuel School of Religion, indaga sulle prove bibliche ed epigrafiche dell'evoluzione della religione ebraica, in particolare per quanto riguarda l'aspetto monoteistico.
Basandosi su di un'analisi induttiva delle prove dell'Antico Testamento,  appare chiaramente che l'antica religione israelita non era originariamente monoteistica. Piuttosto, durante i secoli del periodo dell'Antico Testamento, il monoteismo si sviluppò gradualmente. In aggiunta al materiale biblico, prove epigrafiche ebraiche dell'Età del Ferro e altri tipi di prove del Vicino Oriente sono usati in questo articolo, in quando forniscono una vista sul contesto culturale più ampio sull'antico Israele. In sintesi, dunque, questo articolo suggerisce che la fede monoteistica di Israele fu il prodotto finale di un lungo processo di sviluppo e rivelazione.
Qui di seguito riporto il contenuto dell'articolo di Rollston.
«Le religioni dei centri culturali dell'antico Vicino Oriente»

Rollston sottolinea il fatto che nell'antico Vicino Oriente il politeismo era la normalità, e che gli studiosi hanno tanto materiale sui pantheon delle popolazioni vicine e coeve agli Israeliti da porte ricostruire i loro membri con le relative relazioni e attributi. Talune divinità erano fortemente associate con una particolare città, come nell'esempio di Marduk e Babilonia, e l'ascesa della città coincideva con l'ascesa del dio, ma la particolare devozione per il dio nazionale non implicava mai la negazione dell'esistenza di altri dei. Anzi, una caratteristica importante di queste religioni era il "concilio divino": gli dei, infatti, si riunivano in un consesso divino, presieduto da una divinità che agiva come capo.
Di particolare interesse sono le epiche di Ugarit, che permettono di ricostruire il pantheon di questa civiltà: ʾIl (simile ad ʾEl) come capo e la sua consorte ʾAtrt (ʾAsherah), Baʿlu (simile a Baʿal) e la sua consorte ʿAnat, Yammu (dio del mare), Motu (morte) Kothar-wa-Asis (il dio delle arti). Le fonti ugaritiche fanno spesso riferimento al concilio divino, identificato con vari nomi tra cui, significativamente, quello di «il circolo dei figli di ʾIl».
Israele nacque come nazione periferica in un contesto culturale politeista (si veda la storia di Abramo e la sua migrazione da Ur) e visse all'interno di questo contesto, con continui scambi culturali con l'esterno.
«Le religioni di Ammon, Moab ed Edom»

In particolare, Israele fu influenzata dalle relazioni con i popoli confinanti di Ammon, Moab ed Edom. Si trattava anche in questo caso di religioni politeistiche con un dio "nazionale", talvolta accompagnato da una consorte, il quale era il dio principale del pantheon, venerato dalla comunità nel suo complesso, ma che non escludeva l'esistenza e la venerazione (sebbene in forma minore) di altre divinità.
Il dio nazionale dei Moabiti era Chemosh, come attestato dalla Stele di Mesha, risalente all'840 a.C. circa e ritrovata a Dhiban in Giordania. La stele narra come Chemosh fosse adirato con la propria gente, i Moabiti, e per punirli permise che il Regno settentrionale di Israele ottenesse l'egemonia su Moab. Successivamente Chemosh si placò e Mesha, re di Moab, inflisse tre sconfitte al figlio del re Omri di Israele, riconquistando i territori di Moab. Nella stele Mosha, vittorioso sugli Israeliti, si vanta di aver catturato il vasellame di Yahweh (il vasellame sacro dedicato al dio) e di averlo portato nella polvere dinanzi a Chemosh: si tratta della più antica citazione epigrafica del nome del dio israelita.
Per quanto riguarda gli Ammoniti, si hanno prove epigrafiche di un culto particolare per il dio Milkom, anche se alcuni studiosi hanno preso spunto dall'uso molto più frequente del nome del dio ʾIl nei nomi teoforici per sostenere che fosse quest'ultimo a rivestire il ruolo di capo del pantheon ammonita.
In Edmon, la divinità nazionale era invece Qaus.
«Resti biblici della religione israelitica primitiva»
Una testimonianza delle fasi primordiali della religione israelitica si è conservata all'interno della Bibbia; si tratta di Genesi 6:1-4:
1 Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra e nacquero loro figlie, 2 i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. 3 Allora il Signore disse: «Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita sarà di centoventi anni».
4 C'erano sulla terra i giganti a quei tempi - e anche dopo - quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell'antichità, uomini famosi [Nefilim]. (traduzione CEI/Gerusalemme)
Il brano testimonia di un dio (ʾĕlōhîm è morfologicamente plurale, ma può semanticamente singolare, come in questo contesto) che ha dei figli maschi (bᵊnê).
Questa interpretazione ha messo in difficoltà gli esegeti per secoli, che hanno cercato di aggirare il problema interpretando questi bᵊnê come «angeli» (ad esempio nel Primo libro di Enoch o nella Settanta, la traduzione greca di epoca tolemaica - 250 a.C. circa - dell'Antico Testamento), come discendenti di Set (Agostino d'Ippona) o come sovrani dell'antico Vicino Oriente. Queste interpretazioni non sono accettabili: la Genesi usa un altro termine per «angelo», Set non è nominato in quel passaggio e gli bᵊnê sono creduti presenti all'atto della creazione (Giobbe 38:7), e non vi sono prove in altre lingue semitiche che quel termine possa indicare sovrani con grandi harem. Rollston conclude:
Le lingue semitiche e le letterature del mondo biblico (Mesopotamia, Ugarit, Fenicia) forniscono prove decisive che il termine בני האלהים [bᵊnê hāʾĕlōhîm] fosse un modo comune di riferirsi alla discendenza divina maschile (figli del capo/capi divini del pantheon). La religione israelitica primitiva sorse nel mondo semitico antico, parlò e scrisse in semitico, e accettò inizialmente la diffusa credenza semitica che esisteva un pantheon di divinità. Genesi 6:1-4 sembra essere un residuo fondamentale di quell'antica credenza.

Un altro brano significativo è Deuteronomio 38:8-9:
8 Quando l'Altissimo diede alle nazioni la loro eredità,
quando separò i figli degli uomini,
egli fissò i confini dei popoli,
tenendo conto del numero dei figli d'Israele.
9 Poiché la parte del Signore è il suo popolo,
Giacobbe è la porzione della sua eredità. (traduzione Nuova Riveduta)
Questa è la versione del testo masoretico, ma una versione più antica di circa un millennio, contenuta nel manoscritto di Qumran 4QDeutq ha una versione differente del versetto 8:
Quando l'Altissimo [ʿElyôn] diede alle nazioni la loro eredità,
quando separò i figli degli uomini,
egli fissò i confini dei popoli,
tenendo conto del numero dei figli di dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm].
È importante notare che la Settanta traduce questo passaggio come «angeli di Dio»; questo, oltre a confermare l'antica interpretazione di bᵊnê come «angeli», testimonia come il testo da cui fu tradotta non aveva «figli d'Israele», ma «figli di dio».
Il significato di questo brano è evidente: in questa fase dello sviluppo della religione israelitica, ʿElyôn era il capo del pantheon e divise tra i propri figli maschi (bᵊnê) i popoli: Israele (Giacobbe) toccò a Yahweh, che ne divenne divinità nazionale senza esserne divinità suprema (questo ruolo spettava a suo padre ʿElyôn).
«La religione israelitica primitiva: Yahweh come capo del pantheon»
La fase successiva dell'evoluzione della religione israelitica fu quella di promuovere Yahweh a capo del pantheon, senza negare l'esistenza di altri dei, ma sottomettendoli alla sua autorità. Prove di questo fenomeno sono presenti nel Salmo 29 (28 nell'edizione CEI), che inizia dicendo (versetto 1):
Date al Signore [Yahweh], o figli di Dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm],
date al Signore [Yahweh] gloria e forza! (traduzione Nuova Riveduta)
Qui i figli di dio sono  invitati dal salmista a dare a Yahweh gloria e forza: è evidente che Yahweh non fa parte del consesso dei bᵊnê hāʾĕlōhîm e che è ad essi superiore.
La posizione di predominio di Yahweh sul consesso dei figli di dio è ancor più evidente nel libro di Giobbe, in cui si narra che (Giobbe 1:6):
Un giorno, i figli di Dio [bᵊnê hāʾĕlōhîm] andarono a presentarsi davanti al Signore [Yahweh] e anche satana [haśāṭān, letteralmente «l'avversario»] andò in mezzo a loro. (traduzione CEI/Gerusalemme)
Qui Yahweh è chiaramente raffigurato come capo del consesso divino, e viene raggiunto dai figli di dio; nessuna divinità è messa alla pari o sopra di lui (si veda anche Esodo 15:11).
Risalgono probabilmente a questa fase le iscrizioni di Kuntillet ʿAjrud e di Khiribet el-Qom, risalenti all'VIII secolo, in cui si citano «Yahweh e la sua ʾAsherah» e si distingue tra «Yahweh di Teman» e «Yahweh di Samaria», rispettivamente la manifestazione settentrionale e meridionale di Yahweh. Qui è attestata la relazione tra Yahweh e ʾAsherah, la consorte del dio supremo ʾEl nel pantheon ugaritico e principale dea del Vicino Oriente antico, il cui culto è chiaramente accettato.
Esistono altre tracce di questa fase. Salomone brucia mille olocausti sull'altare di un "luogo alto" a Gibeon (1Re 3:4, anche la traduzione CEI non lascia comprendere come i "luoghi alti" fossero dei luoghi di culto), sebbene questa pratica sia deprecata in testi successivi. Davide sacrifica di persona e indossa i paramenti sacerdotali, così come fanno i suoi figli, senza essere un levita, cosa inaccettabile dalla religione israelita successiva. Sono infine attestati luoghi cultuali fuori Gerusalemme e il culto di ʾAsherah, successivamente distrutti e proibiti (2Re 18:4).
«Il sorgere del monoteismo nella religione israelita: Yahweh è l'unico dio»
La seguente profezia di Geremia, databile la fine del VII e l'inizio del VI secolo, fornisce uno dei più antichi indizi della fase di monoteismo completo della religione israelita (Geremia, 10:3-6):
3 Poiché ciò che è il terrore dei popoli è un nulla,
non è che un legno tagliato nel bosco,
opera delle mani di chi lavora con l'ascia.
4 È ornato di argento e di oro,
è fissato con chiodi e con martelli,
perché non si muova.
5 Gli idoli sono come uno spauracchio
in un campo di cocomeri,
non sanno parlare,
bisogna portarli, perché non camminano.
Non temeteli, perché non fanno alcun male,
come non è loro potere fare il bene».
6 Non sono come te, Signore;
tu sei grande
e grande la potenza del tuo nome. (traduzione CEI/Gerusalemme)
Questo brano e quello simile della metà del VI secolo conservato in Geremia 44:14-20 sono satire che colpiscono l'idolatria: sono caratteristici della fase finale della religione israelita, in cui Yahweh non è più solo il dio maggiore e più potente, come nella fase precedente, ma anche l'unico.
Rollston riporta anche un brano apocrifo risalente a questa fase, interessante per comprendere l'atteggiamento degli ebrei dell'epoca del Secondo Tempio. Si tratta di un episodio in cui Daniele, al servizio del re Ciro, dimostra che Bel (Marduk) è solo un idolo di bronzo, non un dio.
La statua del dio Bel è omaggiata ogni sera con sacchi di farina, carni di agnello e orci di vino, e ogni notte, dal tempio chiuso a chiave, spariscono le offerte. Ciro dice a Daniele che questa è la prova che Bel accetta le offerte dategli, ma Daniele dubita; assieme a Ciro, una notte rientra nel tempio e sparge sul pavimento della cenere.
La mattina dopo Ciro e Daniele riaprono il tempio e scoprono che le offerte sono scomparse; Ciro esulta, ma Daniele gli fa notare le impronte dei passi sul pavimento, grazie alle quali costringono i sacerdoti a confessare di essere loro, ogni notte, a prelevare le offerte attraverso un ingresso secondario.
L'episodio termina con i sacerdoti di Bel messi a morte da Ciro, che permette a Daniele di distruggere il tempio di Bel e l'idolo. Ancora una volta, è chiaro che Yahweh è l'unico dio.
Le traduzioni della Bibbia sono prese dal sito laparola.net.

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