La notte degli Oscar si avvicina e quest’anno in particolare sono impaziente di sapere chi verrà premiato nella categoria miglior film straniero e spero davvero che La grande bellezza si aggiudichi l’ambita statuetta, non solo perché una dose di sano ottimismo nel cinema italiano farebbe bene ma soprattutto perché credo che meriti decisamente di vincere. Se non ci fosse stato Sorrentino avrei tifato per un film danese che ho apprezzato molto: Il sospetto. Dopo quel gioiellino di Festen, Thomas Vinterberg torna a parlare del tema scottante della pedofilia ma stavolta rovescia la situazione: nel primo film il protagonista denuncia le violenze subite da bambino senza essere creduto dai propri familiari, nel secondo invece un uomo innocente tenta di difendersi dall’accusa di aver compiuto molestie sessuali su minori e tutta la comunità lo crede colpevole. Con una regia asciutta, uno straziante realismo e un consapevole uso della luce, il regista dà vita a un film amaro ma coinvolgente e il merito va anche al bravissimo attore Mads Mikkelsen premiato come migliore attore allo scorso Festival di Cannes. L’origine del film si basa su una storia vera e Vinterberg spiega il modo in cui è nato: “In una buia notte d’inverno del 1999, ho sentito bussare alla mia porta. Sotto la neve, davanti a me, c’era un noto psicologo infantile con alcuni documenti sui bambini e le loro fantasie. Voleva parlarmi di “memorie represse” e della sua teoria che “il pensiero è un virus”. Non l’ho fatto entrare e non ho letto i documenti. Dieci anni dopo avevo bisogno di uno psicologo e l’ho chiamato. Per una forma di cortesia tardiva ho letto quei documenti e sono rimasto sconvolto. Ho sentito che c’era una storia che andava raccontata. La storia di una moderna caccia alle streghe. Il sospetto è il risultato di quella lettura.“
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