Magazine Diario personale

Il sud e la monodimensione narrativa.Anche

Creato il 03 agosto 2015 da Cristiana

Il Sud. Vorrei dire tante cose, soprattutto su Napoli senza apparire di parte che è quello che temo di più.

Quindi quello che scrivo qui non ha nulla a che fare con Renzi e questo governo (e quindi eviterò di elencare i luoghi dove l’industria del sud sta ripartendo o si è allargata), ma ha a che fare con le mie origini siciliane, con quello che ho vissuto a Roma prima che tutti parlassero di “Mafia Capitale” e con questi 14 mesi a Napoli.

Nessuno nega che al sud ci siano dei problemi infrastrutturali e, se me lo consentite da meridionale e quindi senza razzismo di sorta, esiste sicuramente un problema di vasta corruzione politica che si manifesta nelle preferenze elettorali autentica piaga regionale contro cui bisognerebbe combattere ogni giorno (ah come ci mancano gli intellettuali impegnati tutti i giorni) e non con l’editoriale del giorno delle elezioni.

Sicuramente la riforma del titolo V e il federalismo bislacco dato in pasto dalla sinistra all’allora Lega di Bossi per paura elettorale ha generato ancora più danni al sud. Penso alla gestione della sanità per dirne solo una. Una che pesa solo il 90% dei bilanci regionali per capirci. E per chi ha provato la sanità pubblica veneta la differenza è evidentissima. Nessuno si presenta in ospedale senza farsi annunciare da qualche amico che a sua volta conosce un primario. Anche se il sud è pieno di eccellenze sanitarie di cui nessuno parla se non ci si trova per caso.

Ma il sud non è riducibile alle sole mafie. Bisognerebbe togliere alcune regioni del sud dal sud o decidere cosa è sud, dove si ferma il sud. Se Molise e Abruzzo e Basilicata sono sud per esempio. O la Sardegna.

Non solo il sud non è riconducibile alle sole mafie, ma bisognerebbe provare a raccontarlo in modo complesso, accettando, per esempio di parlarne bene ogni tanto. Di Napoli mi stupisce la voglia di lavorare delle persone. Io questo non me lo aspettavo per esempio, perché avevo un pregiudizio. Chissà che mi pensavo dopo avere letto anni e anni di pezzi sul fancazzismo del sud sulle leggi 104 e sui finti invalidi. Mi stupisce la diffusa eccellenza che riesce a liberarsi in una città il cui racconto è così potente che Napoli la conosci solo se ci vivi qualche mese, altrimenti di Napoli crederai sempre ciò che scrivono i giornali: spari, camorra, grida per stendere lenzuola e in motorino senza casco. Certo che Napoli è anche questo. Ma Napoli è anche una tradizione culturale di altissimo livello diffusa in modo molto più capillare che a Roma dove la cultura nasce e muore nei salotti del potere, senza branchie, destinata a morire sugli usci delle case-attico del giornalista editorialista che può farti vivere o morire. Napoli sta liberando energie imprenditoriali e giovanili che solo chi ha la pazienza di stare a guardare come un’ospite può  vedere. E parlo di tutto, persino del parrucchiere tornato da Londra, vissuto a San Giovanni in mezzo alle siringhe che ha aperto a Napoli invece che a Londra. Ecco forse solo quelli come me possono cogliere tutto questo fervore, questa voglia di riscatto diffusa. Insisto sulla parola “diffuso”. E’ quello che sta accadendo sotto i miei occhi, un intenso e immenso brulicare che in una città in cui i partiti sono quasi totalmente assenti dalla vita quotidiana (chi viene da Roma percepisce la differenza) sta invadendo luoghi e strade. Esiste chi riqualifica quartieri e genera luoghi di arte e cinema. Chi riunisce le tradizioni enogastronomiche e ti fa scoprire che l’Italia non è solo la Toscana. Chef iperstellati che conducono ristoranti nel mezzo della terra dei fuochi. Chi diffonde cultura attraverso lo sport ed è un secolo che lo fa, metodicamente. Chi strappa dal degrado piccoli pezzi di città.

C’è da fare a Napoli? Tantissimo. E ci sono anche tantissime opportunità. Ad ogni tavolo a cui mi sono seduta ho sentito il discorso della fuga o del restare, è vero. Ma ho sempre percepito una cosa che a Roma non trovavo: la voglia di ascoltare, la curiosità. Ecco il sud è curioso. Non è assuefatto come il nord o la città del potere. Esiste una forma ingenua della conoscenza che è anche profondamente legata ad un complesso d’inferiorità misto ad orgoglio. Ti ascolto forestiero o giovane con un’idea e poi così potrò parlarti di noi ed aprirti una porta. Parlare con le persone a Napoli non è mai scontato, è sempre un viaggio nuovo.

Il sud. Certo che al sud bisogna mettere le mani. Ma non si può pensare che un governo in tre anni faccia saltare schemi secolari. E’ impossibile. Possibile che nessuno ricorda la storia del sud? Le terre ai soldati delle guerre puniche. Il latifondo. Le dominazioni e la quasi totale assenza di Medioevo se si esclude Palermo ai tempi di Federico II. E’ impossibile scindere il sud dalla sua storia come è impossibile pensare che uno Stato possa fare una strada in 37 giorni con i soldi di un privato. Comprensibile, suggestivo, ma impossibile perché lo Stato deve fare una gara d’appalto trasparente e deve garantire la strada per decenni (e se questo in passato non è stato fatto è sbagliato e chi ha sbagliato deve pagare). E tanto per farvi capire come la penso sono tra quelli che in Sicilia cominciano ad augurarsi la vittoria del M5S unico evento che forse può portare all’azzeramento totale dell’attuale classe dirigente che forse i partiti non riescono a fare.

Io voglio pensare che il sud si può salvare con l’aiuto del governo, sì, ma con l’aiuto di se stesso perché la diffusione di alcuni aspetti tipici del sud hanno a che fare con la classe politica diffusa e quindi (quindi!) con la popolazione del sud. Il sud si salva se decide di salvarsi, se si innesca un circolo virtuoso per cui Sud e Stato cominciano a darsi e a dare. Ecco dobbiamo trovare quella chiave e quella chiave si trova raccontando la complessità del sud e non condannandolo ad una narrazione superficiale, monodimensionale che lo schiaccia contro un destino ineluttabile, il tempo di un editoriale estivo e via. Tocca raccontarlo profondamente accettando tutto. Anche ciò che sta nascendo. Anche chi è restato e resiste. Anche chi ci vive bene, lavora duramente e non chiede favori a nessuno. Anche le trattative del governo che lasciano aperte fabbriche a Caserta. Anche chi ha deciso di costruire scatolette con le ruote nel più profondo sud da distribuire in tutta Europa e non solo.

E dopo 14 mesi se qualcuno vuole farsi un giro di Napoli con me io lo accompagno. Umilmente e con curiosità, lo accompagno.


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