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Il summit Lega-Pdl ad Arcore. Come Rossella O’Hara e Rhett Butler

Creato il 06 giugno 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Il summit Lega-Pdl ad Arcore. Come Rossella O’Hara e Rhett ButlerIl verbo preferito da Silvio Berlusconi o, almeno, quello che coniuga senza mai pronunciarlo, è il transitivo “posporre”, che significa “rinviare o destinare un’incombenza, un appuntamento a un momento successivo”. È la tattica storica di Fabio Massimo o, per restare al secolo scorso, di quella Democrazia Cristiana di cui tutti invocano il ritorno. Volendo far comprendere il concetto anche ai leghisti, si potrebbe dire che è nel cinema che ha avuto il momento di maggiore fama internazionale. A dargliela fu nientepopodimenochè Rossella O’Hara in Via col Vento, quando Rhett Butler decise di mollarla definitivamente: “Ci penserò domani – disse tra se e sé Vivien Leigh – dopotutto domani è un altro giorno”. Posporre però significa anche far decantare. Nel caso di Silvio, gli scandali, gli scivoloni internazionali, le promesse mancate, il suo essere un conclamato iettatore, la sconfitta alle elezioni. Di solito la destinataria delle decantazioni berlusconiane è la Lega e, principalmente Umberto Bossi. Sapendo che il Senatur reagisce male ogni volta che c’è qualche inciampo sulla strada del quasi potere assoluto, che la posizione supina gli ha fatto guadagnare, Silvio prende tempo, non gli telefona, non si incontrano a pranzo il lunedì e quando si incontrano fanno finta di non conoscersi. Ma ora il momento del summit dei cervelli di Pdl e Lega è arrivato. Oggi tutti a pranzo ad Arcore ospiti di Silvio con un succulento ordine del giorno: stato di salute del governo, tenuta della maggioranza, economia e fisco, roba da far tremare le vene dei polsi. Lo scopo dichiarato dei leghisti è quello di riconquistare una base che ultimamente sta dando evidenti segnali di sgretolamento, quello di Silvio arrivare alla scadenza naturale del mandato nel 2013. La Lega vuole che si acceleri sul fisco che, insieme alla delusione degli imprenditori, per Silvio e Bossi è stata la ragione del flop elettoral-amministrativo. Non a caso ci sarà il convitato di pietra Giulietto Tremonti al quale, ancora una volta, verrà chiesto di allentare i cordoni della borsa; peccato che Giulio faccia sempre finta di non aver capito. Bossi tirerà fuori le sue proposte che si basano essenzialmente su un presupposto: o questo governo da un segnale forte di esistenza in vita o, tempo nove mesi, quindi nel 2012, si torna a votare. Al solo pensiero di andare alle urne prima della scadenza a Silvio viene l’orticaria. Non ha ancora completato l’iter legislativo che cancellerà tutti i suoi processi facendolo tornare vergine come una vestale (Rea Silvia è stato un incidente) ma, soprattutto, non ha ancora trovato i consensi necessari per il trasloco da Palazzo Chigi al Quirinale. La parola d’ordine quindi è “posporre”, tirare a campare, fino a quando non sarà in condizioni di scendere in campo con tutta la potenza di fuoco del suo immenso potere economico-mediatico e assicurarsi la presidenza della repubblica. Ma Bossi non è detto che ci stia. L’alleanza acritica con il Pdl gli sta assottigliando la base, i malumori aumentano di giorno in giorno e sono trasversali, si va dagli imprenditori agli allevatori, dai pensionati alle casalinghe agli ubriachi del Bar dello Sport di Adro. In più ci sono da mettere sul piatto le recenti dichiarazioni di due emergenti del partito, Matteo Salvini e Flavio Tosi i quali, a proposito dell’alleanza con il Pdl hanno detto, il primo: “Non sono di destra e non voglio morire di destra”, il secondo: “Certo che Pd e Sel non sono da sottovalutare”. Silvio queste cose le legge e le sa, sa che il ricatto del “senza di me niente federalismo e niente leggi sull’immigrazione clandestina” non regge più, sa che se la Lega lo volesse, domani potrebbe stringere l’alleanza con il centrosinistra e addio Silvio. E allora temporeggia, rinvia, procrastina, pospone. Giocando sulla scadenza dei termini, e sulle prescrizioni, Silvio è uscito fuori dai guai giudiziari più grossi. Rinviando le decisioni praticamente su tutto non si è tirato addosso le ire dei suoi, apparentemente soddisfatti ma puntualmente coglionati. Giocando ora la carta estrema del ricorso alla Consulta per rendere nullo il referendum sul nucleare, sta cercando di non andare alla conta per non correre il rischio di un’altra batosta che gli sarebbe letale. E, a questo proposito, visto che domenica 12 e lunedì 13 giugno si vota (non il 13 e il 14 come ha fatto dire Minzolini ai suoi giornalisti), vogliamo tornare sul ricorso che l’Avvocatura dello Stato, a nome e per conto del Governo, ha inoltrato alla Corte Costituzionale per cancellare il dispositivo della Corte Suprema favorevole al voto. Dopo aver detto che i “referendum sono inutili”, Silvio ha dimostrato con i fatti l’insipiscienza delle sue parole. La Corte di Cassazione ha ammesso il referendum sul nucleare non per un comma o un articolo o l’uso errato di un termine, lo ha fatto per salvaguardare il principio della consultazione popolare sulla questione del nucleare visto che la moratoria del governo era una sospensione a termine e non la soluzione. La Cassazione insomma ha detto che i cittadini possono esprimersi sul fatto se vogliono o meno le centrali nucleari in Italia e non su un comma particolare del decreto. Se la Corte Costituzionale dovesse ribaltare il giudizio di quella di Cassazione ci troveremmo per la prima volta di fronte a un conflitto sulle “regole” di questo paese che non ha altri riferimenti né precedenti. C’è da dire che la tanto odiata Corte Costituzionale composta da comunisti forse ora lo è un po’ meno. Da oggi, infatti, Alfonso Quaranta, uomo considerato vicino al centrodestra, dovrebbe prendere il posto di Ugo De Siervo alla presidenza della stessa Corte. Silvio è stato avvertito e gioca le sue ultime carte proprio sulla nomina del nuovo presidente. Domani sapremo se l’aria nella Consulta è cambiata e se Silvio potrà contare anche sull’appoggio dell’ex covo comunista per iniziare la sua rincorsa al Quirinale. Nel primo pomeriggio di oggi invece, avremo notizia di com’è andato il pranzo ad Arcore e se, alla richiesta di aiuto di Silvio per continuare a governare, il Senatur sarà disposto a dargli una mano oppure a imitare Rhett Butler rispondendogli: “Francamente me ne infischio”.

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