Il suolo, insieme all’acqua che beviamo e all’aria che respiriamo, è uno degli elementi fondamentali per l’uomo. Esso, oltre a produrre il cibo col quale ci alimentiamo, svolge una serie infinita di funzioni utili per il sostentamento della vita. Tale risorsa, infatti, è al centro di un sistema di cicli naturali tra uomo e natura, quali la regolazione di emissioni di gas serra e l’immagazzinamento di acqua piovana, quest’ultima utile ad alimentare le falde per la produzione di acqua potabile. Il suolo, inoltre, ospita un terzo della biodiversità terrestre e rappresenta la base per lo sviluppo umano degli insediamenti produttivi, per la mobilità di merci e persone, per il benessere e il godimento di valori estetici.
Tale risorsa, però, non è rinnovabile e questa circostanza espone ad un pericoloso e serio rischio: un consumo dilagante e incontrollato, generato dalla riduzione delle aree agricole e verdi, causato dall’espansione di città, edificazioni e impermeabilizzazioni che comportano una profonda alterazione biofisica, irreversibile nella gran parte dei casi, con impatti sull’equilibrio ambientale a scala locale e globale che, a loro volta, quasi come in una reazione a catena, generano la perdita di preziose risorse e il cambiamento del clima, producendo, per l’effetto, cambiamenti anche di carattere sociale, economico e culturale.
L’incremento delle aree urbanizzate comporta, infatti, una forte accelerazione del processo di impermeabilizzazione del suolo, meglio nota come cementificazione, che è la principale causa del degrado del suolo in Europa e che, oltre a generare la perdita di biodiversità e il riscaldamento del clima, fa accrescere il rischio di inondazioni. Questo rischio viene alimentato dal fatto che il suolo, ormai compromesso dall’espansione delle superfici artificiali e con una ridotta vegetazione, non è più in grado di trattenere le acque di precipitazione atmosferica e quindi di contribuire a regolare il deflusso superficiale. Vi è poi da aggiungere che il dilavamento dei suoli e delle superfici artificiali determina, da parte delle acque di scorrimento, un incremento del carico solido e quindi del contenuto in sostanze inquinanti con evidenti e preoccupanti ricadute anche per l’inquinamento della vita acquatica.
Il fenomeno di impermeabilizzazione del suolo genera ancor più apprensione se si considera che ad essere colpiti sono generalmente le aree naturali più fertili. Questo produce due effetti parimenti gravi: la distruzione del paesaggio rurale e la compromissione della sua funzionalità nel ciclo degli elementi nutritivi.
La solidificazione e l’impermeabilizzazione del suolo produce, inoltre, il fenomeno di frammentazione degli habitat che determina l’interruzione dei corridoi migratori per le specie selvatiche, la perdita di sostanza organica e quindi l’impoverimento dei suoli coltivabili che tendono sempre più alla desertificazione. Un fenomeno, questo, sempre più allarmante che rischia di compromettere l’intero patrimonio agricolo dal momento che indebolisce il sistema immunitario delle piante che, in ragione di ciò, rimangono indifese rispetto agli attacchi di batteri. Caso emblematico è quello della Xylella, che in questo periodo sta interessando l’area del Salento, la cui diffusione, secondo alcuni studiosi, è stata favorita dall’eccessiva aridità del terreno che ha impedito agli olivi salentini di sviluppare le giuste difese immunitarie. Il terreno, infatti, è come il nostro intestino: la flora microbica, se è in equilibrio, si nutre bene e contribuisce a combattere e prevenire le malattie dell’organismo umano.
La desertificazione incide anche sul clima che nelle aree urbane, soprattutto in climi aridi come quello del mediterraneo, diventa più caldo e secco a causa della minore traspirazione vegetale.
In Italia il consumo del suolo continua a crescere in modo significativo. Le nuove stime del Rapporto Ispra “Consumo di suolo in Italia” 2015, confermano, infatti, una velocità media di perdita di 6 – 7 mq al secondo, per un totale di 55 ettari al giorno, prevalentemente in aree agricole (quasi il 60%), ma anche urbane (22%) e naturali (19%). Da questi dati si evince che anche il 20% della fascia costiera italiana è stato cancellato, insieme a 34.000 ettari all’interno di aree protette, il 9% delle zone a pericolosità idraulica e il 5% delle rive di fiumi e laghi. Ciò è senz’altro riconducibile al fatto che le città continuano ad espandersi disordinatamente, con un tessuto urbano che frammenta il paesaggio e gli habitat naturali.
Un altro dato allarmante che emerge dal citato rapporto è dato dal fatto che i livelli del consumo di suolo presenti nel nostro Paese sono stimati fra i più alti in Europa. Ciò nonostante le peculiarità del territorio italiano in cui, al contrario, proprio per le sue caratteristiche orografiche e ambientali, si dovrebbe evitare l’espansione urbana in zone che risultano ad elevata fragilità ambientale e territoriale.
Appare evidente, dunque, la necessità di intraprendere degli interventi idonei a limitare tale fenomeno e capaci di mettere in sicurezza tutto il territorio nazionale. A tal fine appare necessario effettuare delle serie valutazioni, nell’ambito delle politiche di gestione e di pianificazione del territorio, sulle eventuali ricadute delle diverse scelte di pianificazione territoriale e urbanistica. Come del resto si rende parimenti necessario porre la dovuta attenzione al monitoraggio, alle fonti informative e agli strumenti capaci di assicurare e garantire la giusta base conoscitiva, utile a valutare la consistenza, nello spazio e nel tempo, del fenomeno in questione in quanto proprio le informazioni sull’uso e sulla copertura del suolo costituiscono una base informativa strategica per la lettura e la rappresentazione del territorio, nonché per lo studio dei processi che lo modificano.
A comprovare l’attualità e la crucialità del tema in esame si pensi al fatto che il C.N.R., lo scorso 18 luglio, in occasione della tavola rotonda “Il consumo di suolo: strumenti per un dialogo”, tenutasi nell’ambito di Expo 2015 presso il “Padiglione Italia”, ha presentato in anteprima il portale “Soil Monitor” per la valutazione e quantificazione del consumo di suolo su scala nazionale. Si tratta di un’applicazione geo-spaziale via web ancora in fase sperimentale realizzata dal Centro di ricerca interdipartimentale per il supporto alla gestione del paesaggio e dell’agro-ambiente (C.r.i.s.p. in cui confluiscono ricercatori dell’Università di Napoli Federico II e dell’Isafom-C.n.r., assieme a Geosolutions s.r.l.) e il cui lancio ufficiale è previsto per il prossimo autunno, che fornisce risposte in tempo reale sulla dinamica dell’antropizzazione e frammentazione del territorio rurale. Tale portale si avvale di dati su scala nazionale liberamente disponibili, ma anche di quelli dell’Ispra con il quale il C.N.R. ha avviato una collaborazione.