Dino Valls è nato a Saragozza nel 1959. Dopo una laurea in medicina, decide di abbandonare la professione medica per dedicarsi alla pittura.
La fusione delle sue conoscenze anatomiche, sia in senso scientifico sia in senso tecnico, permette all'artista di plasmare una corporeità che rasenta la perfezione nella sua distorsione.
Le fusioni presentano un continuum realistico nella loro surrealtà, ma dove il suo essere detentore di un sapere scientifico esclusivo sorge, come un urlo alienante, è nell'accusa mossa alla sua stessa professione. Poiché il senso di molte sue opere pare un ponte figurativo posto alle teorie sovversive dell'Illich1.
La medicina diviene sostituzione e figlia della religione. Essa accompagna l'uomo nella sua evoluzione. Dalla nascita alla morte, passando dalla fanciullezza alla vecchiaia. Il Grande Fratello dello sviluppo mentale e psichico. L'acquario amniotico di una continua fecondazione embrionale. La medicina stessa assume quei caratteri mistici e occulti della religione, mirante alla luce dell'escatologia, ma fusa all'oscurità della contaminazione folkloristica.
Essa acquisisce la funzione della fede, riponendo la salvezza nell'umiliazione dell'istinto e nella tortura della carne. La medicina diviene la Passione dell'uomo, suo Calvario e Golgota. La scienza medica perde quindi la sua funzione di salvezza della corporeità, trasformando il corpo in un mezzo di comunicazione tra l'anima e il divino. Una corda tesa la cui percussione estrema è il fine della scienza medica.
Facile l'associazione tra i corpi cachettici e le vittime che passarono tra quelle mani in cui il passo dell'oca vibrava tra i polpastrelli. Sarebbe facile. Semplice. In realtà è l'intera medicina occidentale ad essere colpevole, con le sue crudeltà. Le sue follie. Eppure ci sono quei corpi fusi e saldati, come grappoli carnali usciti dai sogni di Mengele. Grappoli che urlano e implorano la pace, poiché dove prima la medicina asportava e bruciava per porre termine alla plularità dell'essere, oggi, quella stessa scienza, pone la teca del letargo dell'anima attraverso la chimica esogena.
La psichiatria è la piallatrice dell'essere. La potatrice del femmineo. Non è un caso che quei corpi dalle membra multipare assumano le fattezze di donne. Il più grande mistero, innanzi al quale lo stesso Freud non poté che capitolare, si erge come una chimera sull'altare del dio uomo. Un incubo di disomogeneità il cui esorcismo si impone come meta e ragione di vita.
Pluralità psichica che cede il passo alla dissezione per apparati dell'essere. La dissezione della globalità psichica dell'essere umano viene ripresa anche in senso anatomico. Vediamo infatti l'integrità corporea trasformata in scaffali escludibili l'uno dall'altro. Una scomposizione figlia della specializzazione medica, cieca innanzi alla connessione delle varie discipline. Il pezzo di carne, asettico nella sua accademica macellazione, perde qualsiasi senso di origine umana. Una cavia isolata dal suo contesto naturale, una rana spillata e dissezionata sul tabernacolo della conoscenza.
Quei corpi, cosi esposti e indifesi, si aprono ai luminari nella loro intimità. Se in certe sue opere si assiste a uno sguardo straziante nella sua sottomissione o nella sua angoscia, in altri tratti è possibile essere rapiti da una sensazione diversa. Uno stato in cui la corporeità cede il passo all'ascesi, un'elevazione estatica in grado di traslare il dolore umano per il raggiungimento di uno stato superiore.
Ringrazio Germano per questo splendido Dono!1 Illich Ivan "Nemesi medica", 331 pagine, 2004, Bruno Mondadori
Ringrazio Ivano dei Beati Lotofagi, al quale si deve la stesura di questo articolo, visitate il suo blog. Sito di Dino Valls