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Il tabù della pianificazione

Creato il 12 ottobre 2015 da Francosenia

kurz opel

Prospettive economiche striscianti
- di Robert Kurz -

Il capitalismo è il primo sistema sociale di tutta la storia. Il concatenamento della riproduzione della vita non è mai stato così specializzato e denso. L'economia imprenditoriale appare decomposta in maniera estensiva. Ormai nemmeno il lucido da scarpe può essere prodotto senza profonde divisioni di funzione e senza infrastrutture; perfino il latte e la frutta vengono distribuiti a livello continentale. Ma questa socializzazione, che viene definita con l'espressione ormai famosa di 'collegamento in una rete universale', avviene sotto sotto la forma del privato e della particolarità delle imprese e degli individui. Il contesto d'insieme, designato nelle scienze sociali come "sintesi sociale", è diretto dalla "mano invisibile" della concorrenza universale del mercato, che si presenta a tutti gli attori come un cieco potere di leggi sistemiche.

Nonostante che la dinamica, resasi indipendente, di questo contesto senza controllo proceda, ecologicamente ed economicamente, verso un vicolo cieco, una pianificazione sociale cosciente viene considerata come il più grande dei tabù. Il neoliberismo è ritenuto fallito, ma ha lasciato nella coscienza sociale un orientamento senza precedenti verso prospettive economiche striscianti. I deboli segnali di regolamentazione economica, espressi ai vertici, si scontrano con gli interessi particolari di imprese e nazioni, le quali presuppongono sempre le cieche "forze del mercato". Ma anche gli individui, perfino i più poveri ed i più precarizzati, si considerano atomi sociali concorrenti, come mai era avvenuto prima. Dai produttori di latte fino ai controllori di traffico aereo, ci sono solo e soltanto lotte particolari, che lasciano fuori l'impenetrabile contesto sociale. Quando i lavoratori di un'impresa in difficoltà che fabbrica automobili vanno in giro con la maglietta con su scritto "Siamo della Opel", questo avviene perché hanno già assunto il punto di vista dell'economia imprenditoriale come proprio; ivi inclusa la disponibilità a tagliare la propria carne a beneficio dell'interesse dell'esistenza precaria dell'impresa.

Ma anche la critica sociale demoralizzata pensa a partire dalle prospettive economiche striscianti. La "economia solidale" richiede soltanto delle piccole alternative "parallele" alla "sintesi sociale" distruttiva - che vanno dagli aiuti di quartiere al pasticcio monetario delle monete regionali. Cooperative, occupazioni di imprese ed imprese autogestite si limitano al tentativo dell'auto-amministrazione all'interno della rispettiva area di produzione, ma finiscono per fallire - come avvenuto recentemente in Argentina - a fronte delle coercizioni della concorrenza sul mercato, oppure devono trasformarsi in auto-sfruttamento. La "povertà auto-organizzata" in ogni caso è un'opzione di amministrazione capitalista della crisi.

Finché non si risolve il problema della "sintesi sociale" non esiste altra alternativa. E' tempo che i movimenti sociali riscoprano la questione della pianificazione sociale. Questa non funziona secondo "modelli" particolari, ma solamente su grande scala sociale, ivi incluse le infrastrutture. Lo Stato, rispetto a questo, sarebbe come una volpe a guardia del pollaio, in quanto è soltanto l'istanza di collegamento degli interessi privati del mercato. E' stato per questo che è fallito il socialismo reale, come pianificazione burocratica statale del mercato. Il compito che ci aspetta consiste in una pianificazione sociale globale del flusso di risorse che vada al di là del mercato, dello Stato e delle ristrettezze nazionali o regionali. Attualmente, quasi nessuno vuole pensare a questo. Ma la crisi profonda della forma dominante della socialità potrebbe porre il problema all'ordine del giorno nell'agenda storica.

- Robert Kurz - Pubblicato su Neues Deutschland del 17/7/2009 -

fonte: EXIT!


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