Il florido filone dei film a tematica finanziaria si è da poco arricchito di un altro rispettabile membro: si tratta del sesto lungometraggio del “regista rivelazione” dell’anno per gli Hollywood Film Awards, Adam McKay, distintosi in precedenza grazie ai due “Anchorman” (2004 e 2013).
La grande scommessa di cui parla il titolo, realmente effettuata nel corso del decennio scorso, è quella che vide coinvolto primo fra tutti l’uomo con l’occhio di vetro Michael Burry, un manager che osservando i numeri del mercato immobiliare statunitense si rese conto della terribile fragilità del sistema, assolutamente incrollabile allo sguardo superficiale dei banchieri e di tutti i loro assistiti.
Il punto cruciale riguardava la possibilità di ottenere enormi profitti parassitando le dinamiche di questa speculazione fasulla; nel giro di qualche tempo altri investitori per vie alterne vennero a conoscenza della bolla economica, a partire da Jared Vennett (Ryan Gosling), che unendosi a Mark Baum (Steve Carell), eccezionale e controverso fiutatore di “merda”, allestì l’affare della vita parallelamente ai giovani ed aitanti Charlie e Jamie (John Magaro e Finn Wittrock), i quali, sull’onda della lievitazione dei loro risparmi, si rivolsero al ben più esperto e lungimirante Ben Rickert (Brad Pitt), un uomo avulsosi dall’impresa bancaria preferendo concimare il proprio orto nell’alveo di una tranquilla e precoce pensione, pur mantenendo attivo il proprio centralino personale a 14 linee.
Minuto dopo minuto, McKay mette sempre più alla berlina l’assurdità di tali processi dettati dall’avidità di ladri giganteschi e insaziabili, che scommettono su chi scommette, innescando una reazione a catena speculativa che nel biennio 2007-2008 ha generato una frode da 7500 miliardi di dollari, ricaduta sulle spalle di milioni di cittadini medi, alcuni dei quali hanno perso il lavoro, altri la pensione, altri ancora la casa.
A favore tuttavia dell’infallibilità di questo capitalismo truffaldino sta l’impunità di chi l’ha messo in piedi e la pioggia di sospetti e discrediti a svantaggio invece di chi la crisi, questa bolla epocale, l’aveva presentita, ritrovandosi in ufficio al termine dell’uragano l’FBI invece che i giornalisti o meglio ancora un manipolo di politici ed economisti interessati a distillare il perché delle cose.
Ciò che agli atti autorizza una valutazione molto positiva de “La grande scommessa” in sé è la felice combinazione di una serie di elementi. Primo fra tutti, la plasticità della sceneggiatura, che incarna il chiaro intento di semplificare i concetti che si vanno proponendo (si pensi agli onnipresenti tecnicismi, dalle “tranches” ai “CDO”, dai “credit default swap” ai “CDO quadrati” e addirittura “sintetici”…), senza però mai inciampare in una formulazione banalizzante.
A chi non bastassero il Jenga, una bella bionda in vasca, uno chef e Selena Gomez al tavolo del poker che snocciolano la questione in termini più “potabili”, rimangono comunque i manuali di economia e i tutorial sparsi per il web, mentre nessun spettatore di qualunque estrazione si ritroverà privato dell’opportunità di gustare per intero il succulento contorno che va ad adornare la narrazione, nutrita dal grande dinamismo del montaggio e delle riprese, ospitanti numerosissimi giochi di messa a fuoco, unitamente a quello assicurato dalla stimolante regia e dalla briosità di un cast da urlo, ove spiccano gli eccezionali Steve Carell e Christian Bale (entrambi nominati ai Golden Globe come migliori attori in una commedia… forse un po’ indebitamente, a ben vedere).
Voto al film
Written by Raffaele Lazzaroni