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Il Taccuino del giovane cinefilo presenta “Sopravvissuto – The Martian” di Ridley Scott

Creato il 08 ottobre 2015 da Alessiamocci

Era dai tempi di “Blade Runner” (1982) che la fantascienza di Ridley Scott non si elevava in modo così autorevole e memorabile. Dopo l’insipido episodio intitolato “Prometheus” (2012), che ben poco aveva a che fare col mitico antesignano “Alien” (1979), con “Sopravvissuto – The Martian” si ha l’occasione di essere condotti in un’avventura spaziale che ha il piacevole sapore della narrazione plausibile, che si sforza di plasmare una realtà futuristica e allo stesso tempo vicina all’immaginario comune.

L’extraterrestre in questione è Watney, membro di una spedizione incaricata di raccogliere campioni rocciosi dalla superficie del pianeta rosso, costretta da una violenta perturbazione nell’atmosfera ad abortire il programma, anticipando il rientro sulla Terra. Nel caos improvviso, il protagonista viene sbalzato lontano dalla navicella, distaccandosi dal segnale radio che legava tutti i ricercatori, e, dato per morto, viene abbandonato a milioni di chilometri da casa.

Quello che segue è l’avvincente racconto di come Watney riesca a salvarsi la vita rientrando nella vicina base marziana, e di lì a sopravvivere sfruttando oltre l’immaginabile ogni risorsa che il suo ingegno brillante possa destinare ad un geniale (e spesso inedito) utilizzo.

Oltre la smaliziata finitura di carattere scientifico, autenticamente rigogliosa e intrigante, che già trovava felicemente spazio fra le righe del romanzo di Andy Weir (“L’uomo di Marte”, 2011), ciò che reca genuino nutrimento all’efficacissima trasposizione sono altre fondamentali componenti. Si pensi all’attenzione riservata alle ripercussioni a livello socio-politico innescate dalla notizia prima del decesso dell’astronauta, poi del suo sensazionale tentativo di resistere alle inique condizioni in cui si trova, infine dell’epocale decisione di salvargli la vita impegnando strenuamente una copiosa dose di risorse materiali e umane.

La Nasa viene ritratta nel suo intestino, fatto di grovigli di meccanismi decisionali e rapporti delicati fra personalità chiave e aziende straniere, il quale mostra con limpidezza quanto possa essere problematico il profilo pubblico che l’istituzione è tenuta ad adottare: la segretezza dei protocolli deve convivere con una necessaria trasparenza d’intenti.

Seconda, ma di certo non per importanza, la riuscitissima esplorazione delle energie che innervano la personalità del carattere cui (è proprio il caso di dirlo) Matt Damon presta non solo il suo versatile talento, bensì la carne stessa in tutta la sua cruda fisicità. Si tratta di un uomo dalla spiccata propensione a non soggiacere ad alcuna avversità gli si presenti.

Le sue armi migliori sono i nervi saldi, la laurea in botanica, la capacità di ironizzare caparbiamente sullo sventuratissimo reale che lo circonda e lo penetra nel profondo, il desiderio irriducibile di tornare a casa a riabbracciare l’umanità.

E tutto questo emerge con tangibile consistenza grazie alla maiuscola performance dell’attore Premio Oscar, alla sceneggiatura intelligente e stimolante, senz’alcuna ricaduta in eccessivi tecnicismi o stucchevolezze, alla regia che fonde sapientemente momenti di puro terrore, divertimento, arcano spettacolo, senza mai tradire la centralità tutta umana della vicenda, senza concedere vesti pacchianamente eroiche ad alcun personaggio.

Basti riportare alla mente il clima soffusamente positivo nel quale si innesta l’esperienza di Watney, cui tocca sopravvivere, oltre che al gelido inferno marziano, alla disco music del suo comandante, nei confronti della quale si esita bene a mostrarsi remissivi, in quanto preziosa testimonianza della cultura terrestre, uno dei modi per continuare ad alimentare un’esistenza intera che rischia di diventare evanescente; di più, per dare uno scopo ulteriore al soggiorno “in acque internazionali”, per dimostrare come nelle vene dell’uomo, esploratore e pure pirata, scorra ancora l’ardire al superamento dei limiti imposti da una natura che non collabora, all’affermare uno status irraggiungibile da qualsiasi altra forma di vita.

Così, le oscure e irresistibili minacce di parassiti alieni, comunque debitamente omaggiate in alcuni frangenti, come possono essere i temi musicali, cedono il posto a un’entità che da era immemore sfida il genere umano: lo screditamento delle conoscenze tecnologiche e scientifiche ad opera dell’universo stesso, barriera che sprona a riconquistare la luce dove sembrerebbe imperversare il buio più totale e incontrovertibile.

Voto al film

Written by Raffaele Lazzaroni


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