Il Taccuino di Marilea: La pop-art di Moschino sfila in passerella negli abiti di Barbie
Creato il 22 settembre 2014 da L'Aspirante Biondo
Che succede quando una casa di moda italiana storicamente provocatoria
come Moschino, dietro la guida di un designer americano vivacemente innovativo come
Jeremy Scott, presenta la sua ultima
collezione in un evento gloriosamente esaltato come la fashion week di Milano? Davvero non si potrebbe mai
immaginare. La macchina moda è spietata, macina indagini di mercato, studi di marketing, sociologia e psicologia, tendenze e costumi per soddisfare sua altezza il
Cliente. Alle grette logiche venali associa poi un estro ed una fantasia che sfugge a qualsiasi previsione, tanto da ottenere alla fine un prodotto perfetto, seducente, irrinunciabile e prepotente. In quest'arte Moschino è sempre stato il maestro, e continua ad esserlo come aveva dimostrato la scorsa stagione proponendo un inedito porta cellulare con tanto di logo ispirato alla benamata McDonald’s e a forma di
confezione di patatine fritte, ad un prezzo proibitivo di "soli" 48 euro e che ciononostante ha fatto subito sold out! Così come sono spariti subito gli accessori e altri capi d'abbigliamento dello stesso stilista, riportanti "in calce" richiami alla nota azienda di cibi fast food
tanto amata dai giovani. Scelta contestatissima quella di osannare il simbolo per eccellenza del cibo
spazzatura, ma non per questo deludente per gli "addetti ai lavori". Che importa se l'immagine è positiva o negativa, serve solo la sua popolarità, di modo da adescare un segmento più ampio di clienti. Che
poi, diciamoci la verità, questa azione di co-branding si potrebbe anche considerare un capriccio della casa di moda visto che il marchio "Moschino" è già da solo abbastanza dominante per avere bisogno di affiancarsene un altro!
Ebbene quando si parla di Jeremy Scott, fashion designer della maison Moschino, è difficile avanzare ipotesi: lui è una personalità artistica scoppiettante e come tutti gli artisti si lascia guidare dal genio e dal caos, in condizioni alle quali i comuni mortali non è dato sapere. Certo però che deve avere un immaginario illimitato
il caro Scott, per essersi inventato dopo Spongebob, una linea ispirata alla
star più adorata e acclamata di tutti i tempi, l’unica star che non invecchia
mai, sempre splendida, impeccabile e fashion, famosa a tutte le generazioni. Di chi
stiamo parlando? Di Miss Barbara Stefania Roberts, meglio conosciuta dalle sue
fans come Barbie.
La bambola di Barbie fu ideata dalla signora Handler, moglie del co-fondatore
della casa di giocattoli Mattel, dopo che aveva osservato sua figlia giocare
con delle bambole di carta. L’aveva infatti chiamata proprio come sua figlia, Barbara Stefania Roberts, le aveva ricamato attorno una biografia e assegnato una
famiglia (con le sorelle Skipper, Stacie, Shelly, Krissy, i gemelli Tutti e Todd),
un fidanzato (Ken) e delle amiche (Midge, Teresa, Christie , Steven e Kayla). Fin dalle prime vendite Barbie si era rivelata un successo, imponendosi come la bambola per eccellenza, la preferita dalle bambine di tutto il mondo. Persino i paesi dell' Est avevano elaborato una versione di Barbie orientale, che nel 2003 finì sul rogo, come una vera strega, perché incolpata
dai più ortodossi di aver diffuso un’immagine femminile spregiudicata e “troppo
occidentale”.
Handy Warhol che aveva già stimato l’impatto mediatico del prodotto, l’aveva
accolta tra i soggetti dei suoi ritratti. Era diventata con lui un'icona
commerciale, plastica e seducente, che le ricordava un po' la sua pop-art, finta e affascinante.
Dopo quasi trent’anni ecco che Jeremy Scott eredita lo stesso interesse per icone
e immagini pubblicitarie che fossero simbolo della società consumistica, tanto da decidere di proporla questa volta nella moda, come un prodotto da consumare. Ispirazione,
illusione e fascinazione, rimangono i tre concept che ruotano attorno all'immagine popular di Barbie, come del resto si cantava in quel famoso ritornello degli Acqua che
faceva :“I’m a barbie girl, in a barbie world... Life in plastic, it’s
fantastic! You can brush my hair, undress me everywhere, imagination, life it’s
your creation!”.
Ma a questo punto una domanda sorge spontanea: dove risiede il fascino
di Barbie, se si mette da parte quello infantile del gioco? Com'è fatta a diventare un’icona popolare, venerata e apprezzata da un pubblico femminile vasto? Barbie, come aveva voluto la sua ideatrice Handler,
oltre ad essere un giocattolo è un modello di donna che tenta di essere reale,
con la biografia che le è stata attribuita e con le mode che lancia. È una ragazza
perfetta, bella, appagata sul piano sociale, sentimentale e professionale, è quindi
la donna che tutte vorrebbero diventare. Oltre a questo, a Barbie si associa il
ricordo dell’infanzia, un periodo allegro e spensierato, uno stato di grazia per qualsiasi donna. Barbie
è dunque per l’immaginario femminile uno stato ideale, un sogno in forma di
bambola.
Pensate che siamo andati troppo oltre nell’indagine psicologica? Può darsi.
Un ritorno alle caratteristiche della nuova collezione Moschino non farebbe male a scrollarci
di dosso tutte queste divagazioni filosofiche. Sul sito www.moschino.com è possibile rivedere la sfilata e acquistare alcuni pezzi nella sezione shopping on-line. Per la collezione
spring summer 2015, Moschino ha pensato proprio a tutto, esibendo un outfit per
ogni situazione: tailleur sfiancati e tagli dritti per l’ufficio, leggins aderenti
e fascia per la palestra, denim aderenti e stivaletti da cow-girl per le serate
più tranquille, corpetti mini e pantaloncini per le situazioni più chic,
costumi fashon e occhialoni da star per le giornate in spiaggia; il tutto su
tessuti lucidi e laminati come spugna stampata, satin matelassé, organze
cangianti e pelle, arricchiti da fiocchi, paillettes, pois, cuori, strassini, volant,
ma soprattutto accessori di ogni tipo, come occhiali, braccialetti, collane,
foulard, borse, anelli, orecchini, fasce, porta cellulare, pochette, cinturini
e bottoncini, che nel complesso fanno sentire lo zucchero sotto i denti, in perfetto
stile candy, ad alto rischio diabetico. Trionfa il rosa, interrotto da
occasionali uscite in oro, e in pochi altri colori fluo. E le modelle? Naturalmente
impeccabili e leziose, con chiome voluminose e boccolute, gambe equatoriali,
vitino alto, fronte alta, sorriso smagliante e ciglia lunghe che solo il
movimento distingue dalle vere Barbie. C’è da dire che Moschino si è sempre
presentata al pubblico con spirito auto-ironico e provocatorio e che quindi
questa volta, forse, la maison ha voluto continuare a far parlar di sé proponendo
in passerella un’immagine di quella che E'dith Piaf chiama la “vie en rose” e cioè
quello sguardo ottimista, quella fede nell’amore, nell’incanto e nella
spensieratezza ingenua e felice che solo una Barbie possiede.
Marylea
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