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Il talento non basta! L’allenamento mentale per ritrovare il campione

Creato il 05 aprile 2011 da Ekis Sport Coaching @Ekis_srl

Allenamento mentale & Atteggiamento mentaleI grandi campioni hanno certamente un grande talento e che ne siano consapevoli o meno il loro allenamento mentale e la loro capacità di gestire ogni situazione li rende i numeri uno nella loro disciplina.

In alcuni sport in particolare più che altri, il talento si vede prestissimo e già in giovane età ci sono atleti sbalzati in campo ai massimi livelli, super pagati e super coccolati.

Arrivare a giocare ai massimi livelli e rimanerci per anni credo tuttavia siano due cose ben diverse.

Recentemente Balotelli ha collezionato la sua quarta espulsione in carriera, questa volta a spese del Manchester. Purtroppo le sue bravate dentro e fuori dal campo fanno di lui uno dei giocatori più contestati del panorama calcistico e anche il Ct Mancini che lo ha voluto e difeso ora è in difficoltà nei confronti di squadra e società.  Nonostante il suo grande talento Balotelli è stato escluso diverse volte dalla nazionale.

Allenamento mentale & Atteggiamento mentale
Purtroppo di esempi ce ne sono davvero tanti e proprio qualche giorno fa un’altra “testa calda” del calcio, Antonio Cassano è riuscito ad entrare in campo nel derby, segnare, essere ammonito ed espulso tutto in 12 minuti.

Credo che nel panorama sportivo mondiale ci siano tanti atleti di grande talento, ma non tutti diventano i numeri uno, sia negli sport individuali che di squadra. Alcuni dicono che è una questione di testa, altri di atteggiamento e altri ancora di educazione ma tutti notano che qualcosa non va.

Le “teste calde” e i giocatori “genio e sregolatezza” ci sono in tutti gli sport ma credo che la maggior parte degli esempi venga proprio da quegli ambienti dove essere ai massimi livelli significa avere una disponibilità economica considerevole e potersi concedere il lusso in ogni cosa.

Rimanere ai massimi livelli, facendo emergere il talento senza lasciarsi condizionare e trascinare dall’ambiente, credo sia davvero difficile, soprattutto a vent’anni e i grandi campioni si riconoscono anche da questo.

Come si riconosce un campione da un atleta? E  cosa fa il Personal Coach?

Io credo davvero che certi ambienti siano “difficili” ma in generale, ai massimi livelli di ogni sport il campione è in qualche modo sotto ai riflettori e la parte “commerciale” di ogni disciplina sportiva fa si che nella agenda di ogni giocatore ci siano appuntamenti promozionali e di immagine, anche questi ben retribuiti. Il segreto forse sta nella giusta misura delle cose e nella grande dedizione con cui i campioni vanno ad allenarsi. Sicuramente sta nell’atteggiamento mentale e nello loro grandissima capacità di fare ciò che occorre per essere i numeri uno.

I grandi campioni hanno allenato la mente ad essere super focalizzata su quello che stanno facendo, su ogni dettaglio dell’allenamento e su ogni miglioramento che possono apportare.

La vita dei grandi campioni è scintillante sotto i riflettori ma piena di sacrifici dietro alle quinte e non credo che tutti siano disposti a pagarne il prezzo.

I più grandi campioni dalla storia sono stati prima di tutto campioni loro nella vita e hanno dimostrato di essere in grado di andare oltre a tutto ciò che rappresenta l’ambiente intorno a loro.

Sono stati in grado di rispettare le regole e in qualche modo sono stati in grado di plasmare l’ambiente intorno a loro per creare le circostanze migliori alla loro crescita.

In qualità di atleta prima e di personal coach ora ho conosciuto tanti talenti che non sono emersi e in alcuni caso hanno anche abbandonato l’attività sportiva.

Non voglio giustificare chi non sta alle regole e chi, soprattutto negli sport di squadra, gioca per sé e non per il gruppo, credo però che parte di ciò sia conseguenza diretta delle pressioni che oggi, chi ha talento da giovane, subisce da parte di genitori, società, allenatori, amici e ambiente in generale.

Mi piace ancora pensare che lo sport sia divertimento, dedizione, una attitudine alla competizione sana e una scuola di vita piuttosto che un business sia per le società che per gli atleti.

Quando mi trovo a parlare con genitori che chiedono coaching personalizzate per i figli mi soffermo sempre sulla reale motivazione che li spinge perché spesso sui figli si riversano i sogni mancati dei genitori.

Oggi i giovani atleti di alto livello sono trattati con i guanti, si è rovesciato completamente il rapporto di autorità tra società e allenatori e tra allenatori e giocatori e spesso un solo giocatore ha il potere di spostare gli equilibri di un’intera società.

Credo che in questo senso lo sport sia cambiato molto e forse i giovani avrebbero bisogno di fiducia da una parte ma di più autorità dall’altra. Credo che questa sarebbe la chiave per coltivare più campioni rispetto che semplicemente talenti.

A questo proposito condivido molto le idee di Julio Velasco, guarda questo video in cui parla degli anni d’oro della nazionale maschile italiana:

Il messaggio che mi piace dare, da personal coach, è quello di allenare la mente a ricercare quella parte più emozionale e più legata al divertimento, allo spirito di squadra, al sacrificio e concentrarsi su allenare quello che in tutti gli sport fa la differenza: dare tutto sé stessi invece di fare solo il compitino.

Mi piace aiutare gli atleti a ricercare la vera motivazione che li ha spinti ad iniziare a giocare e che a volte si perde nei mille stimoli esterni dell’ambiente, delle vittorie e dell’essere spesso sotto i riflettori.

Di Sara Gatti


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