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Il tavolo

Da Carrie

La prima volta che andai a casa di S. era all’incirca maggio di due anni fa, un pomeriggio di primavera, col sole caldo delle 15 e un cielo sereno senza neanche una nuvola a macchiare il suo azzurro intenso. Ricordo che fu una cosa improvvisata,di quelle non programmate e non organizzate e che a parer mio sono sempre i momenti più intensi e piacevoli. Mi arriva un messaggio del tipo: “sono solo a casa, vieni da me?” e giusto il tempo di indossare un paio di jeans e le mie amate Hogan che corsi da lui. Ogni più piccola occasione di vederci e stare insieme cerchiamo entrambi di coglierla al balzo e farne un momento speciale. Le nostre case non sono molto distanti,quindi nel giro di dieci minuti fui da lui. Citofono e salgo le scale fino al terzo piano, arrivando alla porta con un affanno dovuto un po’ allo sforzo fisico, un po’ all’ansia e agitazione di qualcosa di diverso. Mi accoglie sulla porta con un abbraccio dei suoi, non ho il tempo neanche di guardarmi attorno e scrutare l’ambiente in cui sono che mi stringe forte a sé,mi bacia appassionatamente e camminando con le labbra incollate dalla passione arriviamo nella cucina/soggiorno. La persiana della finestra abbassata per tre quarti lasciava passare dalla sua parte inferiore i raggi del sole che si infrangevano sui nostri volti e sui nostri corpi. Rallentiamo la fretta da cui eravamo stati presi e iniziamo a spogliarci a vicenda senza staccare l’uno gli occhi dall’altro, sapendo che ciò aumentava il nostro desiderio. Continua a baciarmi le labbra e il collo, a un certo punto mi prende in braccio e mi siede sul tavolo. La cosa mi eccita molto. Lui rimane in piedi davanti a me,mi accarezza dovunque e il caldo inizia a farci sudare. Poi si china su di me e bacia lentamente ogni centimetro della mia pelle, i capezzoli e il mio piccolo seno e scendendo piano verso il basso si sofferma sul mio ombelico, così perfetto nella sua forma, centro del mio universo femminile. I miei gemiti iniziano a rimbombare nel silenzio di quella casa e del palazzo intero tanto da sembrare che lì ci fossimo soltanto noi… a vivere. La voglia di averlo cresce sempre di più e lui adora incalzare i miei desideri fino a farmi perdere la testa. Mi ritrovo ancora seduta su quel tavolo,unico spettatore del nostro amore, con la schiena inarcata indietro e la sua testa che scende tra le mie gambe. Era la prima volta che assaporavo coccole di quel genere, la prima volta che un uomo sapeva ciò che volevo e me lo stava regalando in modo davvero eccitante. Mi lanciava sguardi tenendo sotto controllo il mio piacere e intanto, con l’imbarazzo che quando si ama va a farsi fottere, mi assaporava dolcemente, ogni movimento della sua lingua era un mio sussulto e vedermi in preda all’eros lo soddisfava abbastanza. Era un gioco, un piacevole gioco con le sua dita bagnate dei miei umori che accompagnavano le sue labbra sulle mie e affondavano in me. Un gioco che ha saputo condurre,seguendo il ritmo della mia giovane esperienza. Quel pomeriggio i nostri corpi iniziarono a parlarsi con un linguaggio a noi stessi incomprensibile. Restammo sdraiati su quel tavolo ancora per un po’, abbracciati e vestiti solo dei raggi di quel sole che passava dalla finestra.
Il tavolo


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