Palermo, 3 marzo 2013
S.P. Lei gestisce ormai da tanti anni un luogo di ricerca teatrale – la Vicaria – e una compagnia. Sono realtà in evoluzione?
E.D. Molto. Degli attori storici con cui ho iniziato solo Italia Carroccio, con cui ho fondato il gruppo, lavora ancora con me, gli altri se ne sono andati. Viceversa alcuni attori sono entrati in compagnia nel corso del tempo; ad esempio Carmine è con noi da quattro anni (Carmine Maringola, protagonista di Acquasanta). E’ anche fisiologico che dopo dieci anni in un gruppo intervengano mutamenti, perché non si esaurisca: grazie a questo, la compagnia continua a essere molto forte.
S.P. Che ruolo hanno gli attori nel processo di scrittura dei suoi spettacoli?
E.D. Prima di allestire un testo io lavoro con gli attori in forma laboratoriale, sulla tematica che mi interessa. In questi laboratori è centrale l’improvvisazione: l’attore diventa elemento fondamentale della scrittura, portando in scena la sua esperienza personale, i suoi dubbi, le sue incertezze, i suoi pregi e i suoi difetti. È un mettersi in gioco totale, da parte di tutti noi. Per lo stesso motivo nei miei spettacoli non è quasi pensabile che un attore venga sostituito da un altro: io lavoro su quell’attore lì, da cui nasce quel personaggio lì che è diverso da tutti gli altri essendo cucito addosso a quel tipo di persona. L’attore diventa genitore del personaggio, è difficile poi cercare qualcun altro che lo adotti.
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