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Il teatro dialettale leccese: Raffaele Protopapa

Creato il 27 gennaio 2011 da Cultura Salentina

di Federico Capone
Sarebbe riduttivo, parlando di leccesità, non fare almeno un cenno al teatro dialettale che, a scanso di equivoci, non è teatro di colta accademia, di richiami a grecità remote e orientato, per mezzo dello sperimentalismo, verso un futuro altrettanto remoto.

Non è teatro impegnato dunque. Ma ha sicuramente avuto più spettatori di quanti ne abbia mai registrati la cosiddetta commedia colta.

Quando si parla di teatro dialettale leccese il pensiero corre immediatamente a Raffaele Protopapa che, con Giuseppe De Dominicis, è il più noto autore salentino di tutti i tempi.

Nato a Lecce nel 1907 e morto alcuni anni addietro, seguì fin dall’adolescenza, la sua vocazione per il teatro, cominciando ad esibirsi come attore, in ruoli comici, al circolo Giosuè Borsi.

Fin dall’inizio Protopapa fu colpito dal calore con il quale il pubblico accoglieva le poesie dialettali del De Dominicis e del Bozzi da lui recitate. Successivamente, grazie all’incoraggiamento del pubblico, intensificò l’impegno: nacquero così le prime piéce, le prime commedie in due o tre atti, in questo sollecitato dalla moglie che, insegnante elementare, aveva bisogno di testi per coinvolgere i ragazzini in iniziative didattiche in occasione del Natale, del carnevale, etc.

La stampa, in un primo momento molto disattenta, iniziò a prendere atto del fenomeno del teatro salentino solo negli anni Sessanta; da allora inizia anche il rilancio del dialetto quando ormai già la radio e soprattutto la televisione, avevano operato la massificazione del linguaggio.

Sempre in quegli anni comincia l’attività del Piccolo teatro di Mario Durante.

Cosa sia il teatro di Protopapa è lui stesso a dirlo in una dichiarazione rilasciata pochi mesi prima di morire:

Esso è ispirato a scene di vita popolare e trova la sua naturale collocazione in quello tradizionale o, se si vuole, di evasione, che per me resta teatro senza bisogno di aggettivi.

Questa affermazione non deve fare intravvedere una mia avversione alle innovazioni in campo teatrale -aggiunge-.

Apprezzo e ammiro l’impegno di coloro i quali si cimentano nell’opera di rinnovamento del teatro; sempre che lo facciano per migliorarlo e non per strumentalizzarlo ad altri fini, come spesso avviene.

L’esperienza mi ha consentito di collaudare le mie opere, sottoponendole al giudizio degli spettatori, non solo di quelli del circolo “Giosuè Borsi”, ma anche di quelli più esigenti dei grandi teatri di Lecce e del Salento.

Nelle opere del Protopapa, l’umorismo, spontaneo ed immediato, mai studiato e privo sempre di scurrilità, la fa da padrone e l’ilarità che suscita, sottolineata dagli applausi degli spettatori, è dimostrazione del notevole feeling tra autore e pubblico, grazie soprattutto alla parlata dialettale.

Il teatro di Protopapa -afferma Mario Schiattone- è ormai entrato nella tradizione; non si può risalire ad altre forme del teatro nel Salento se non in modo episodico”.

Il dialetto rusciaro, ammorbidito per una più ampia possibilità di comprensione da parte del pubblico, è anche imborghesito, come dice lo stesso commediografo.


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