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Il teatro magico di peter brook

Creato il 07 marzo 2011 da Valed @valentinadoati
IL TEATRO MAGICO DI PETER BROOKDurante la conferenza stampa di presentazione dell'altro grande evento teatrale ospitato dal Piccolo Teatro, il ritorno di Pina Bausch in Italia, il direttore Sergio Escobar disse che ci sono alcune grandi personalità per le quali esiste un "prima" e un "dopo": dopo averle incontrate non possiamo più essere gli stessi, non possiamo più avere le stesse concezioni teatrali. Peter Brook è un gigante della regia europea e l'incontro con il suo teatro totale è un'esperienza che fa germogliare in chiunque vi assista idee per un teatro diverso, ipotesi di nuove teorie. Per i giovani è scoprire un filo diretto con il passato, con una tradizione di ricerca (non gratuito ossimoro) che è ancora viva, attuale, dinamica.Un flauto magico, che si presenta come un compendio del teatro di Peter Brook, mette in scena l'opera di Mozart rivelando nell'articolo indeterminato l'identità autonoma dello spettacolo rispetto all'originale. Brook ha lavorato limando, tagliando, scavando come uno scultore fa con il marmo per arrivare al cuore, all'essenziale dell'opera: scenografia minimale, così come i costumi, drammaturgia ridotta per accentuare il nucleo essenziale della vicenda (tra favola e rito di iniziazione), ma soprattutto la partitura musicale che ha abbandonato qualsiasi fasto orchestrale per arrivare al suono romantico e intimista del pianoforte. 
"Posso scegliere uno spazio vuoto qualsiasi e decidere che è un palcoscenico spoglio. Un uomo lo attraversa e un altro lo osserva: è sufficiente a dare inizio a un'azione teatrale" (P.Brook, Lo spazio vuoto).  Quello spazio vuoto si è concretizzato, in questo spettacolo, nelle trentacinque canne di bambù, montate su un piccolo piedistallo che ne consente lo spostamento e l'uso simbolico, che costituiscono l'unico elemento scenografico. Il teatro di Peter Brook è tutto simbolico: nella sincerità dell'essenza scenica si assite a un rito, che per sua natura rimanda a significati veicolati da oggetti che in quel momento assumono in loro un'essenza più grande. Così un telo steso per terra è simbolo di uno stato d'animo o di un luogo, le canne di bambù evocano luoghi, le luci si fanno elemento scenico per la loro capacità di evocare passaggi emotivi dei personaggi, e una cassa coperta con un telo diventa il letto in cui Papageno e Papagena finalmente possono incontrarsi.
Dell'opera originale Peter Brook ha mantenuto l'atmosfera più giovane, vitale, scanzonata, che spesso rivela l'ironia e la leggerezza proprie dei giovani. Le scelte registiche confluiscono nella direzione della leggerezza: gli attori-cantanti, tutti giovani, a piedi scalzi e con i costumi minimali, sono lontani dai modi della lirica e dalla sua rigidità. Lontani anche dal dinamismo teatrale, che pure ci aspettavamo di trovare nello spettacolo e la cui mancanza ci ha deluso, creando una certa difficoltà al coinvolgimento emotivo: unica stonatura in un insieme molto ben concertato di semplicità e forza. Lo spettacolo, con libretto in tedesco e recitazione in francese (sovratitolato con qualche imprecisione), ideato per lo spazio molto raccolto del Théatre des Bouffes du Nord (che Peter Brook dirige dal 1974 e a cui darà l'addio alla fine della stagione in corso), non ha sofferto l'allestimento nello spazio molto più grande del Teatro Strehler: come formalizzato dal regista nel testo-manifesto della sua poetica Lo spazio vuoto, “La concentrazione di un grande numero di persone crea un’intensità unica che consente di isolare e di percepire con maggiore chiarezza forze che sono sempre in azione e che regolano la vita quotidiana di ogni indivuduo”.Un flauto magico è uno spettacolo delicato, elegante, efficace nella sua essenzialità, e - per tutti questi motivi - capace di comunicare oltre le parole, attraverso le suggestioni.visto al Piccolo Teatro Strehler il 5 marzo 2011   UN FLAUTO MAGICO
da Wolfgang Amadeus Mozart
liberamente adattato da Peter Brook, Franck Krawczyke Marie-Hélène Estienne
regia Peter Brook


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