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"Posso scegliere uno spazio vuoto qualsiasi e decidere che è un palcoscenico spoglio. Un uomo lo attraversa e un altro lo osserva: è sufficiente a dare inizio a un'azione teatrale" (P.Brook, Lo spazio vuoto). Quello spazio vuoto si è concretizzato, in questo spettacolo, nelle trentacinque canne di bambù, montate su un piccolo piedistallo che ne consente lo spostamento e l'uso simbolico, che costituiscono l'unico elemento scenografico. Il teatro di Peter Brook è tutto simbolico: nella sincerità dell'essenza scenica si assite a un rito, che per sua natura rimanda a significati veicolati da oggetti che in quel momento assumono in loro un'essenza più grande. Così un telo steso per terra è simbolo di uno stato d'animo o di un luogo, le canne di bambù evocano luoghi, le luci si fanno elemento scenico per la loro capacità di evocare passaggi emotivi dei personaggi, e una cassa coperta con un telo diventa il letto in cui Papageno e Papagena finalmente possono incontrarsi.
Dell'opera originale Peter Brook ha mantenuto l'atmosfera più giovane, vitale, scanzonata, che spesso rivela l'ironia e la leggerezza proprie dei giovani. Le scelte registiche confluiscono nella direzione della leggerezza: gli attori-cantanti, tutti giovani, a piedi scalzi e con i costumi minimali, sono lontani dai modi della lirica e dalla sua rigidità. Lontani anche dal dinamismo teatrale, che pure ci aspettavamo di trovare nello spettacolo e la cui mancanza ci ha deluso, creando una certa difficoltà al coinvolgimento emotivo: unica stonatura in un insieme molto ben concertato di semplicità e forza. Lo spettacolo, con libretto in tedesco e recitazione in francese (sovratitolato con qualche imprecisione), ideato per lo spazio molto raccolto del Théatre des Bouffes du Nord (che Peter Brook dirige dal 1974 e a cui darà l'addio alla fine della stagione in corso), non ha sofferto l'allestimento nello spazio molto più grande del Teatro Strehler: come formalizzato dal regista nel testo-manifesto della sua poetica Lo spazio vuoto, “La concentrazione di un grande numero di persone crea un’intensità unica che consente di isolare e di percepire con maggiore chiarezza forze che sono sempre in azione e che regolano la vita quotidiana di ogni indivuduo”.Un flauto magico è uno spettacolo delicato, elegante, efficace nella sua essenzialità, e - per tutti questi motivi - capace di comunicare oltre le parole, attraverso le suggestioni.visto al Piccolo Teatro Strehler il 5 marzo 2011 UN FLAUTO MAGICO
da Wolfgang Amadeus Mozart
liberamente adattato da Peter Brook, Franck Krawczyke Marie-Hélène Estienne
regia Peter Brook
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