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Il tedio domenicale, la cefalea, l'uomo nero e il mondo che gira al contrario
Creato il 15 marzo 2015 da AntQuei bontemponi con i mutandoni e le gonne nere continuano a sgozzare esseri umani e a distruggere la storia dell'umanità e tutte le opere d'arte che incontrano nel loro cammino. Mentre prosegue la lenta, ma inesorabile, avanzata degli uomini neri, lasciando sul terreno cataste di corpi senza vita, morte e distruzione in nome del loro dio; mentre il jobs act e la terribile legge di instabilità avanzano minacciosamente, il pomeriggio di questa domenica fredda e uggiosa mi ha riportato alla mente come si svolgevano le mie giornate come questa alcuni decenni or sono.La domenica aveva una sua personalità decisa e forte; a differenza di quanto avveniva il martedì o il giovedì, ad esempio, che non possedevano caratteristiche e prerogative tali da distinguerli nettamente rispetto agli altri giorni feriali, eccetto forse il mercoledì che era la giornata dedicata alle coppe europee di calcio in tv.Ma la domenica riusciva sempre a prendere il sopravvento: non si andava a scuola, non si lavorava (altri tempi...) c'era la pasta al forno, a volta la messa-forzata, qualche partita di calcio sul campo e "novantesimo minuto" alla tv; molto spesso anche una gran quantità di noia da tagliare a fette.Ora è tutto cambiato, eccetto il mal di testa che è un classico intramontabile dei miei pomeriggi domenicali.Poi c'erano la musica, i dischi (pochi), le sigarette fumate di nascosto alla finestra nella cameretta-rifugio, la matita e i fogli bianchi da scarabocchiare e la macchina da scrivere in perenne attesa di un input.Beh, la domenica aveva la sua colonna sonora; c'erano dischi che - chissà poi perché - mi hanno sempre ricordato la domenica e, probabilmente, giravano di più nel piatto in quei giorni, dopo il bagno caldo e l'abbuffata in tavola.
Innanzitutto "Quadrophenia" degli Who, sia nella versione originale del 1973 (quella con la fantastica copertina grigia con il motociclista mod immerso nel fumo) sia, soprattutto, la colonna sonora del film del '79. Quel disco ha fatto tanti di quei giri sul piatto (un Lenco L133) che è un vero e proprio miracolo che esista (e resista) ancora...I'm One, The Real Me, il ragazzo campana o il dottor Jimmy hanno trascorso più domeniche con me che a casa loro. Probabilmente si trovavano bene.
Poi c'era "Epica, Etica, Etnica, Pathos" e "Canzoni, preghiere, danze..." dei CCCP Fedeli Alla Linea, soprattutto il primo a dire il vero, l'altro si prestava anche agli ascolti nei giorni feriali.Sarà pure un caso, sarà per il testo di Aghia Sophia, "Tedio domenicale: quanta droga consuma...", o per chissà quale altro motivo, ma quel disco è la domenica pomeriggio più di qualunque altro album o qualunque altro lavoro di Giovanni Lindo Ferretti.
Non potevano mancare anche i "figli legittimi" dei CCCP, gli Ustmamò di Mara Redeghieri con il loro folk-punk-etnic pop assolutamente originale per quanto ispirato dalla suddetta band di Ferretti. Di quella band dell'Appennino reggiano avevano conquistato lo spazio degli ascolti domenicali i primi due bellissimi dischi omonimi (Ustmamò del 1991 e Ustmamò del 93), soprattutto il primo a dire il vero, grazie a una manciata di brani irresistibili come Filikudi, Amminramp, Strocca-Canzone d'attacco, Vietato Vietato o Lieto Evento Finale.
Altro caposaldo del post-pasta-al-forno era "Mask" (ma anche "In The Flat Field") dei maestri del post-punk inglese: i Bauhaus. Il fascino che riusciva a sprigionare quella musica così potente, oscura e romantica non aveva termine di paragone in quel periodo. Mask possedeva un'atmosfera magica, ammaliante e disturbante al contempo, che riusciva a insinuarsi nelle fitte trame tediose dei pomeriggi domenicali e, quasi sempre, aveva la meglio. Da "Hair of the Dog" alla conclusiva traccia omonima, passando per "Passion of Lovers", "Hollow Hills" e il calcio nell'occhio, era tutto un susseguirsi di emozioni e sensazioni senza soluzione di continuo.Devo dire che anche adesso quel disco - come anche gli altri dei Bauhaus - non ha perso un solo briciolo del suo fascino oscuro.
Un'altra pietra miliare delle domeniche di una volta che mi viene in mente è "The Meninblack" degli Stranglers, forse non la loro opera migliore, ma sicuramente il più "festivo" tra i loro grandi dischi, atipico nella struttura come anche nel concept: narra la vicenda di srani complotti che riguardano l'occultamento mirato delle visite degli alieni, di sacre scritture e altre storie. Ma la sua musica oscura, elettronica e sperimentale, possedeva (e possiede tutt'ora) un ottimo feeling da wasted sunday.Waltzinblack ancora adesso mi mette i brividi...
E infine lui, London Calling dei Clash, forse è proprio questo invece il più domenicale tra i dischi per l'atmosfera unica e inimitabile che riesce a creare quando suona. Una piccola-grande enciclopedia del rock racchiusa in due pezzi di vinile. Non serve aggiungere altro...
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