E chissà se il romanzo sarebbe stato davvero nelle corde di Renato Fucini. Certo la vita fece in modo di mettergli diversi bastoni tra le ruote. Mica per le grandi disgrazie. E' che per uno come lui scrivere era un percorso a ostacoli. I mille impegni del lavoro da funzionario dello Stato, le montagne di scartoffie, le pratiche da chiudere, gli articoli da scrivere, i manoscritti altrui da leggere, dovere di amicizia.
Alla mia porta è una processione che non resta di gente.... me lo bisbigliano da vicino, e me lo urlano da lontano maestri di musica per il libretto, editori per il libro, il fascicolo A per l'articolo, il giornale B per la recensione, la rivista C per la novella, quello per la prefazione, quell'altro per un'occhiata al nuovo scritto, Tizio per l'epigrafe, Caio per l'epitalamio... E come se questo non bastasse, dolci e continui lamenti d'amici, perché non scrivo e non rispondo...
E la consapevolezza che di scrittura non si vive. Che per vivere uno come lui deve fare molto l'Ispettore. Che il tempo manca e che l'energie non si inventano.
Scrivo anche troppo, ma non quello che vorrei perché quello che vorrei non mi darebbe quello di cui ho bisogno.
Il tempo che manca, l'energie che si dileguano, i romanzi che non ci saranno.