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Il tempo dei gitani

Da Marysunright
L'altro giorno stavo chiaccherando (via skype -usi e costumi di sti anni-) con Michele il mio fedele (bravo, buono e anche, perchè no, bello... ammalia tutte grazie al suo carisma/fascino/tuttologismo assolutamente nn spoccchioso, e mille altre qualità) compagno di lavoro universitario, di cui ho già parlato un pochettino anche qui.
E parla, e parla e parla (perchè il suo essere tuttologo - e se non proprio tuttologo-tuttologo, comunque una mezza idea su quello di cui si parlerà ce l'ha sempre-, lo spinge ad essere interessato a praticamente tutto e a poterci parlare per ore ed ore di qualsiasi tipo di cosa senza
.1 annoiarsi
.2 annoiarlo
.3 non saper di cui parlare
.4 aver paura di parlare con qualcuno di cui non ha il minimo interesse di sapere quello che gli stai per raccontare
.5 senza finti intelletualismi sempre un po' troppo pesantucci -ma spinti solo da una sana curiosità-)
siamo giunti a parlare di un regista di cui voglio scrivere seguendo più o meno questo ordine:
Alessandro (altro nostro amico)-> sua passione per i maialini (ne vorrebbe avere uno che rimane piccolo come animale domestico da poter tenere in casa) ->  i maiali praticamente sono bestie esageratamente grandi -> a Michele piacerebbe provare a cavalcare un maiale (chiaramente scherzava).
Il tempo dei gitani
Probabilmente adesso starete pensando che il regista in questione sia Guy Ritchie (e mi dispiace deludervi nel caso la cosa vi avesse in un primo momento lusingato)
la scena che l'ha ispirato, linkandomela era questa ( da Gatto nero Gatto bianco)...
Ed ecco venirmi alla mente un bellissimo film che avevo visto molto, molto, molto tempo fa:
Il tempo dei Gitani

Il tempo dei gitani
Il film percorre la travagliata storia dello zingaro Penhan, dalla sua infanzia alla maturità,
mostra come siano le vicende e gli incontri fatti durante la vita a "distruggere" quanto di buono ci sia in una persona, nell'animo di un bambino. Entrare a far parte di un mondo corrotto, disprezzarlo, non capirlo, odiarlo, ma poi dover, per sopravvivere, prima tollerarlo e poi capire che, forse, quello è l'unica strada che, ahimè, c'è da percorrere, che di scelte poi tante non ce ne sono.
Lo consiglio, per capire e rifletterci su,
su quello che si addita come una cultura "maligna", per capire che il male non è dentro ad una persona, ma (troppo) spesso nelle situazioni che favoriscono l'insediarsi di quel germe. Che l'odio porta solo ad altro odio e quello, non è il modo.
Il mio non è un voler fare del "perbenismo", ma penso che questo film possa chiarire molte cose, e, sia in grado di mettere in dubbio certi nostri precocetti (sia indotti dalla società, che da esperienze spesso vissute in prima persona).
Un grosso applauso al regista (io, chiedo venia, ho visto solo questo film, ma Michele ne ha visti molti altri ed assicura essere molto bravo),
Emir Kusturica
Il tempo dei gitani

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