Però c'è da riflettere anche sulla difficoltà di cui recentemente ha parlato Valerio Magrelli su Repubblica, in La solitudine del lettore, titolo particolarmente eloquente. Solitudine, certo, si capisce in un mondo in cui viene meno la propensione alla lettura. Ma quella di cui parla Magrelli è anche un altro tipo di solitudine, legata alla scomparsa di figure di riferimento che indirizzino alla lettura, che selezionino e consiglino le buone letture.
Vale anche per la musica, dove è finito il tempo dei musicologi e gli ascolti casomai sono influenzati dalle scelte dei dj (ovvero dei disc-jockey, notare la parola jockey, in inglese fantino: ovvero chi cavalca la musica, verso le vette delle classifiche). Allo stesso modo non ci sono più critici letterari, casomai testimonial che, con meccanismi più vicini alla pubblicità che ai discorsi della letteratura, fanno in modo che i best-seller diventino best-seller.
In effetti, sono tra coloro che non rimpiangono molti i critici di un tempo e che hanno trovato e trovano noiose e superflue tante recensioni, quasi fossero presidiate più dal piacere della critica che dall'amore della lettura. Eppure il pericolo segnalato da Magrelli è reale:
Il rischio, insomma, è che, con la scomparsa di librai e critici, abbiano la meglio i fast-book, ossia quei testi che richiedono solo un contatto rapido e sbrigativo. Se ciò si avverasse, il nostro paesaggio intellettuale risulterebbe impoverito come dopo un bombardamento di defolianti.
E certo questa solitudine deve rimpiangere anche altre assenze. Si comincia dagli editori che non sono più editori - e non lo sono se sono a pagamento, ma anche se rinunciano a una loro proposta culturale - e si arriva per forza alle librerie che non ci sono più o sono solo di catena e magari finiscono per trattare il libro come un capo di abbigliamento. Ce ne sarebbe di che discutere.