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Il tempo delle mele

Creato il 09 ottobre 2010 da Lucas
Devo obbligare l'immaginazione a restare su dei binari ben precisi, ovvero a non farla andare dove essa ora vorrebbe, a costruire delle situazioni che, allo stato, non mi è dato vivere. E dunque, se vita non dev'essere, allora fare dell'immaginazione la propria messaggera di quanto, di me, voglio sia veramente espresso. Così prendo il mio Lucas e lo porto ad un ottobre in cui faceva il fricchettone con la sua giacca di velluto e i capelli che gli scendevano giù fino a mezza spalla. C'è una grande festa e una ragazza dai capelli di cotone nero gli chiede di accompagnarla fuori che no, non si sente troppo bene. Lucas si presta molto volentieri. Offre il braccio e la ragazza vi si affida convinta della scelta giusta piegando la testa per mostrare una traccia di sorriso. Fuori c'è un sole freddo e non ci sono bar vicini, ma solo una panchina solitaria all'ombra di uno straordinario platano. Vi si siedono. La ragazza sorride, sempre a testa bassa, ma questa volta i suoi occhi formulano un desiderio. Lucas inclina leggermente il volto e, come se dovesse raccogliere un frutto, coglie un bacio che sembra confettura di mele cotogne. Non sa esattamente quanto potrà bearsi di questo inatteso regalo, ma questo non fa che aumentare in lui la voglia di assaggiare quella bocca. Le mani di entrambi sono salde alla panchina, come se non osassero mangiare con le mani: occorrono posate particolari per queste improvvise colazioni. Un minuto, dieci, forse una mezz'ora? La durata non ha nessuna importanza quando si coglie l'attimo. La ragazza si ferma, piega la testa all'indietro per un classico mezzo giro di sgranchimento cervicale. Si alza, sorride e dice: «Scusami, devo vomitare». Il platano accoglie il frutto dei conati senza dire niente: ha talmente tanti anni che sarà abituato e ben peggiori concimi. Lucas si passa la lingua sul palato, soffermandola proprio sopra gli incisivi. «Ora sto meglio. Ritorniamo dentro?».«No, grazie io resto qui. Aspetto che il platano faccia cadere dai suoi rami una bottiglia di Calvados».

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