ieri leggevo la definizione della parola “generazione”.
tra le sue diverse definizioni vi è il tempo che ne separa idealmente due successive: 25 anni.
ora, io non so in che periodo storico si decise che si potesse parlare di nuova generazione solo dopo 25 anni, ma sono certo che oggi questo intervallo di tempo è terribilmente obsoleto. sì, forse 25 anni sono opportuni per separare due generazioni in un remoto villaggio contadino cinese senza internet(ammesso che esista), dove il tempo si è fermato a 100 anni fa e trascorre altrettanto lentamente. ma oggi, in un contesto occidentale, pur in piena recessione, 25 anni, son sufficienti a crearne almeno tre di generazioni. il tempo storico è definito dalla velocità delle innovazioni, tecnologiche e sociali, e dalla velocità con cui queste diventano parte integrante delle nostre vite, cambiando le nostre abitudini, le nostre priorità e il nostro modo di pensare. benchè quelle sociali non vadano al ritmo di quelle tecnologiche purtroppo, è anche vero che 8 anni di oggi valgono almeno 25 al tempo dei nostri nonni.
questo errore di parallesse temporale è sicuramente alla base della totale incomunicabilità tra la nostra classe dirigente fatta di quasi 80enni con i 20-30enni di oggi e alla base della discriminazione sistematica che questi ultimi subiscono quotidianamente. questi “vecchi” non si sono resi conto che i loro nipoti sono già proiettati nel futuro e che sono loro, i “vecchi”, ad imbrigliarli ancora nelle catene ideologiche che, fuori tempo massimo, continuano a forgiare.
il risultato di tutto questo porta solo a “metropoli ad orologeria”:
”metropoli ad orologeria”. tecnica mista. 30×30.