16 gennaio 2014 Lascia un commento
C’e’ il giovane Sebastian, imberbe ma gia’ dotato poeta, adolescente ad un passo dal divenire uomo o cosi’ lui ritiene d’essere.
C’e’ la sua famiglia che ovviamente non lo comprende ma c’e’ lo zio Eustace, gaudente e disilluso, sopra le righe proprio per aver compreso gia’ molto della vita. Per Sebastian e’ lo zio mentore e amico, quella figura fondamentale nella vita di un giovane uomo laddove il padre non puo’ spingersi e un sodale non ha autorita’ e potere, quel giusto punto d’equilibrio tra ordine e anarchia, lo zio mitico cantato da Paolo Conte per intenderci.
Attorno a loro le donne, madri, mogli, figlie, fidanzate e amanti, il sale dell’esistenza, tanto fondamentali quanto superflue, impiccione e fastidiose, spina nel fianco di ogni uomo che eppure senza questa spina non saprebbe che fare e neppure avrebbe senso esistesse.
Sogni e realta’, questo mondo e l’altro, tutto si alterna nel raccontare, cosa in fondo? Idee travestite da romanzo, forza e debolezze dell’opera di Huxley che in essa esprime il suo punto di vista attraverso situazioni, ricordi forse, considerazioni e vi riesce con interi capitoli o singole frasi fulminee e feroci, ricordando in questo il Wilde piu’ crudele e sagace, quello che in fondo amiamo di piu’. Nelle pagine c’e’ tutta la letteratura inglese, specie quella dei primi decenni del secolo ma anche il pragmatismo proprio del suo popolo, eppure Huxley riesce a introdurre il misticismo e la sottesa sua filosofia, in un contrasto che crea tensione tra le pagine e rende complicata, davvero complicata la lettura. Il testo non e’ facile e non si riesce bene a comprendere il perche’ se non nella difficolta’ di separare gli obiettivi dello scrittore e focalizzare il suo punto di vista, cercando di distinguere il suo pensiero da un’esposizione di fatti. Lettura pesante ma da’ soddisfazione arrivare sino in fondo.
La consiglio solo dopo aver approcciato Huxley con altri suoi testi.